Il punto di partenza è l’ostilità verso i partiti tradizionali, ma non verso la politica. Anzi, da quando domenica LcdM ha ufficialmente annunciato la trasformazione dell’associazione in un movimento civico nazionale, Italia Futura ha cominciato ad accettare la sfida per le Politiche del 2013. A disposizione per entrare in gioco nella prossima legislatura con un Monti bis, ma non un solo mese prima. Anche al costo di complicarsi la vita. Pur essendo quello di Montezemolo un mondo dorato, “borghese” si sarebbe detto in stagioni di maggiore divisone di classe, non certo bisognoso di fondi pubblici per rimpinguare le casse di un movimento per far partire la macchina elettorale la scelta di non legarsi ad alcun parlamentare eletto ha un suo perché politico e un suo costo da pagare.
[ad]“Abbiamo rifiutato di formare un gruppo parlamentare nonostante le molte disponibilità raccolte. In questo modo abbiamo evitato di accedere al finanziamento pubblico ai partiti” ha rivelato il coordinatore nazionale Federico Vecchioni ieri pomeriggio alla presentazione del movimento a Prato. Disponibilità arrivate a quanto pare dagli eletti dei gruppi di Fli e Udc, gli alleati del terzo polo targato Montezemolo. Il bel gesto, però, al tempo stesso potrebbe essere pagato caro, in quanto la lista civica nazionale dovrà raccogliere le firme per presentarsi alle elezioni.
A loro beneficio ci sono le 70.000 adesioni su scala nazionale. Sufficienti per far credere che per Italia Futura non dovrebbe essere un obiettivo fuori dalla portata della sua macchina organizzativa. Il bacino potenziale degli elettori, inoltre, è molto più ampio. “Abbiamo un 52% di elettori che non sa se andrà a votare – ripete nei suoi incontri Vecchioni –. Da domenica abbiamo una dimensione politica e l’impegno per l’Italia sarà il nostro vero collante politico, piuttosto che il potere. A questi elettori diciamo, pertanto, noi ci siamo. E la nostra presenza si inserisce in un movimento popolare senza collocazione in una coalizione specifica”.
Questo permette ugualmente a Italia Futura di coltivare rapporti con associazioni in ogni angolo del Belpaese. Guardando con gli occhi di chi dalla politica cerca specialmente contenuti e programmi l’alleanza più densa è quella con Fermare il declino. Il manifesto per la crescita di Oscar Giannino è stato firmato anche dalla lista civica montezemoliana che, attraverso un suo economista di riferimento Nicola Rossi, ha pure contribuito a scrivere. Sulla strada del sodalizio, però, si sono messe nel mezzo le frizioni sul Monti bis, a seguito dell’intervista uscita domenica sul Corriere della Sera corredata dall’appoggio del presidente della Ferrari alla prosecuzione del governo tecnico nella prossima legislatura. Nel giro di poche ore un deciso stop del giornalista economico, ad una riunione toscana di Fermare il declino, ha lasciato intendere un’attrazione per la novità politica di Matteo Renzi. Dagli ambienti di Italia Futura si minimizza. Il coordinatore Vecchioni ricorda che nella stessa intervista Montezemolo ha lusingato la candidatura alle primarie del rottamatore.
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[ad]Divisi momentaneamente dalle opzioni di alleanza, Italia Futura e Fermare il declino vivono un idem sentire a livello programmatico. Lo si è capito a Prato nell’intervento di Giovanni Lamioni, vice-presidente di Unioncamere e punta di diamante del gruppo di Montezemolo. È stato lui a indicare la concorrenza e le privatizzazioni come priorità di una nuova politica economica. Con un fisco più leggero. Il primo passo è la trasformazione dello Stato in un buon pagatore quanto il contribuente. “Solo in Toscana le imprese vantano crediti per 4 miliardi verso le pubbliche amministrazioni. In Italia si raggiungono i 100 miliardi – ha sviscerato Ramioni –. Abbiamo bisogno di diventare un paese normale, in cui lo Stato paghi puntualmente e dove gli imprenditori possano almeno mettere in perdita i crediti considerati inesigibili”.