Il primato di Obama trascina i democratici verso la maggioranza al Senato

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Il dibattito televisivo come ultima spiaggia per Mitt Romney e i repubblicani. Troppa la ritrosia dell’ex governatore del Masachusetts a piegarsi alle regole della comunicazione politica, concedendo qualcosa alle emozioni. Il suo volto da manager rude, che si soddisfa nel veder licenziare centinaia di dipendenti – per quanto questa operazione in passato gli sia valso il riconoscimento della sua abilità da risanatore di aziende –, è entrato sempre di più nell’immaginario americano. In parte per il merito della campagna di supporto di Obama, alla quale è bastato poco per dipingerlo nella veste del conservatore insensibile e lontano dalla classe media.
[ad]Del resto sono state numerose le gaffe e le incoerenze del candidato mormone a fornire materiale a volontà agli autori di spot negativi. Dal discorso “rubato” di fronte a miliardari suoi finanziatori, coi quali ha attaccato a febbraio il 47% di americani, che dipende dall’assistenza pubblica e non è interessato agli sgravi fiscali dei repubblicani, fino all’ostinazione nel divulgare meno notizie possibili sulle sue dichiarazioni dei redditi.

L’inquilino della Casa Bianca non è stato a guardare e dopo la convention di Charlotte la sua campagna è decollata e con essa la distanza nelle intenzioni di voto dei cittadini americani.

Prima che cominci il faccia a faccia in tv dall’università di Denver, gli ultimi sondaggi segnalano il vantaggio del presidente compreso in una forbice tra i due e i quattro punti percentuali nel voto popolare. La media più accreditata, stilata da RealClearPolitics, segnala un distacco del 3,1% in favore di Obama, che si trova in questo modo al 49,1%. Un orientamento perfettamente in linea con quello registrato nell’ottobre del 2008 quando il democratico ottenne il suo primo mandato sulla pelle politica di John McCain. A differenza del senatore, però, Mitt Romney raccoglie la preferenza del 46% degli americani. Un segnale che, pur nell’estrema difficoltà della campagna per il Gop, potrebbe essere letto in chiave positiva dall’ex governatore in quanto nettamente superiore a McCain, che di questi tempi viaggiava attorno al 43%. L’ultimo mese segnò in quel frangente la massimizzazione della forbice fra i due candidati, arrivata il giorno prima l’apertura delle urne a toccare gli 8 punti percentuali.

La convinzione che Obama otterrà il suo secondo  mandato – conquistando più di 300 grandi elettori – cresce ogni giorno di più fra i bookmaker e non è l’unico riverbero del buon andamento della sua campagna. A risentirne in positivo sono i democratici impegnati in una campagna serratissima per confermare la guida del Senato. Come avevamo segnalato a settembre, poco dopo la convention di Tampa e prima che a Charlotte si aprissero i battenti, i repubblicani avevano chance ragionevoli di spuntarla nonostante la scelta attraverso le primarie sia caduta spesso su candidati conservatori ortodossi e vicini alle tesi ultra-liberiste dei Tea Party. L’ultimo pronostico, invece, attribuendo i toss-up dà l’asinello vincente 52 a 48.

Colpiti dai loro stessi errori, strapazzati da spin doctor sicuramente più ascoltati sul fronte obamiano, per i repubblicani l’ultimo confine invalicabile resta la Camera dei rappresentanti, dove il clima nazionale avverso a Romney finora non è riuscito a scalfire la loro solida maggioranza. In un luogo tutt’altro che secondario per la politica americana. È alla Camera che si fanno i budget e sono i 435 deputati statunitensi a detenere i cordoni della borsa del bilancio federale.