Domani si terrà a Roma l’Assemblea Nazionale del Partito Democratico.
Su quanto succederà nel corso dell’Assemblea saranno puntati gli occhi di tutti coloro che si interessano alle vicende politiche italiane (un po’ meno quelli dei cittadini-elettori. Si percepisce in giro grande sconcerto su quanto sta succedendo intorno al tema delle Primarie, un segnale che per il Pd sarebbe buona cosa non sottovalutare).
[ad]I 1.000 delegati eletti nell’ultimo congresso del PD (2009), sono stati convocati per discutere questo Ordine del Giorno:
a) modifiche statutarie e regole di accesso per la partecipazione di candidati del PD alle primarie di coalizione;
b) mandato al Segretario per la sottoscrizione dell’accordo politico e programmatico tra le forze del campo democratico e progressista e definizione delle regole per le primarie di coalizione.
Intorno ai temi dell’Ordine del Giorno, soprattutto in queste ultime ore, si sono sprecati (anche nel senso letterale del termine) fiumi di parole, commenti, ipotesi ecc…, non sempre benevoli. E non sempre “obiettivi”.
Proviamo a fare un po’ di chiarezza, per quanto possibile.
Lo Statuto del Partito Democratico stabilisce che, in caso di primarie di coalizione, il segretario in carica sia automaticamente il candidato premier del Partito.
Pierluigi Bersani, candidato “naturale” del PD, ha voluto cogliere le sollecitazioni che gli arrivavano da più parti, in primis da Matteo Renzi ma non solo, ad aprire la competizione delle primarie anche ad altri esponenti del PD.
E ha proposto di sottoporre all’Assemblea Nazionale (l’organismo deputato a modificare le norme statutarie) una modifica dello Statuto per consentire ad altri la partecipazione alle primarie.
Il segretario si è dunque reso disponibile a rendere contendibile, non solo nella coalizione ma anche all’interno del partito, la candidatura alla premiership.
Un’apertura apprezzata da molti ma non da tutti all’interno del partito.
Numerosi esponenti di spicco del PD hanno espresso “dubbi” (e dentro questa parola ci facciamo stare tutto quanto si è sentito dire in questi giorni) sulla scelta fatta dal segretario. Rimandando all’esterno un’idea di “arroccamento” di una parte della classe dirigente, sia “nuova” che “vecchia” (in termini strettamente anagrafici), poco propensa a cogliere le sollecitazioni al cambiamento e a un rinnovamento reale, che arrivano in maniera pressante sia dall’interno che dall’esterno del PD.
Istanze di rinnovamento quasi completamente rappresentate dalle candidature finora presentate (Renzi, Boeri, Puppato, Gozi) in alternativa a quella del segretario.
Ma, al di là delle molte resistenze espresse, il segretario ha speso la sua parola e dunque domani l’Assemblea verrà chiamata a decidere se approvare o meno la proposta di modifica dello Statuto. Le modifiche statutarie, devono essere approvate “con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei componenti” (art.42, comma 1). Sarà dunque importante il numero degli aventi diritto al voto presenti domani a Roma (nell’ultima Assemblea i delegati erano 410, dunque un numero inferiore a quello necessario se si fosse dovuto votare una modifica dello Statuto).
E’ evidente che un’eventuale bocciatura sarebbe un duro colpo, non solo per Matteo Renzi, Laura Puppato, Sandro Gozi e Stefano Boeri, gli esponenti del PD che hanno espresso l’intenzione di candidarsi.
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[ad]Ma soprattutto per il segretario, che vedrebbe messa in discussione la sua leadership nel partito, proprio dal “massimo organismo dirigente del PD” come viene spesso chiamata l’Assemblea Nazionale. I cui componenti sono l’espressione delle diverse mozioni – Bersani, Franceschini, Marino – stabilite in quote percentuali in base agli esiti del congresso del 2009. E dove la componente di Bersani, uscita vincente, ha dunque la maggioranza.
La seconda parte del primo punto in discussione domani, parla di “regole di accesso per la partecipazione di candidati del PD alle primarie di coalizione”. Si dovrà stabilire quale tipo di soglia porre in termini di numero di firme da raccogliere a sostegno del candidato e/o percentuale di componenti dell’Assemblea Nazionale che dovranno sottoscrivere la candidatura. Un criterio “ragionevole” potrebbe essere quello di non penalizzare in partenza nessuno richiedendo soglie troppo alte, ma, al contempo, partire dal presupposto che chiunque si candidi alla premiership debba avere un consenso riconosciuto nel partito.
Il secondo punto dell’Odg recita “mandato al Segretario per la sottoscrizione dell’accordo politico e programmatico tra le forze del campo democratico e progressista e definizione delle regole per le primarie di coalizione”.
La frase “definizione delle regole per le primarie di coalizione” è quella su cui finora si sono scatenate le mille ipotesi, congetture, presunte proposte ecc… Di tutto e di più.
Le regole più importanti che al momento vengono “accreditate” (e quelle che più hanno suscitato polemiche) sono sostanzialmente due:
1) Istituzione di un albo pubblico degli elettori, a cui l’elettore dovrebbe pre-iscriversi prima del voto, diverso dal registro degli elettori utilizzato nella maggioranza delle Primarie di coalizione fin qui fatte. In questo modo si vorrebbe “mettere in sicurezza” la regolarità delle primarie, evitando che, persone non appartenenti al tradizionale elettorato di centrosinistra, si presentino a votare per influenzarne l’esito. Su questa “ipotesi”, facendo una grossa sintesi, si sono creati all’interno del Pd due schieramenti: chi vede come positiva la proposta dell’albo (“perché un nostro elettore dovrebbe aver problemi a rendere pubblica la sua adesione al nostro progetto politico?”) e chi invece la legge come un tentativo di limitare/restringere la potenzialità di coinvolgimento e partecipazione di tutti i cittadini, anche quelli che finora non sono stati elettori del centrosinistra, che potrebbero essere “scoraggiati” da un’adesione così formale e impegnativa, essere iscritti in un albo pubblico.
2) Istituzione del doppio turno. Qualora nessuno dei candidati raggiunga il 50% dei consensi, si prevede un doppio turno a cui – e qui è uno dei punti controversi – dovrebbero poter partecipare solo coloro che hanno già votato al primo turno.
Però, come si diceva all’inizio, sono al momento solo ipotesi. Infatti, a meno di 24 ore dall’inizio dell’Assemblea, ai componenti della stessa non è stato (ancora) inviato alcun documento e/o bozza di cui prendere visione. E questo, a dir il vero, non sembra un segnale molto positivo.
Appare comunque chiaro che sabato sarà una giornata importantissima per il PD, vista la rilevanza di quanto si discuterà e deciderà.
La sfida per il Partito Democratico sarà quella di dimostrarsi all’altezza di ciò che (ancora) rappresenta per tanti suoi elettori: forte e capace di discutere e confrontarsi con intelligenza. Dovrà allora essere un motore positivo delle primarie. Le primarie potranno essere una straordinaria occasione per creare attenzione intorno al PD, un’occasione che sarebbe delittuoso sprecare. Se il futuro, come dice Matteo Renzi, è adesso, che lo sappiano rendere il migliore possibile.