Sondaggio Swg Primarie Pd: L’affluenza che fa la differenza.

Pubblicato il 6 Ottobre 2012 alle 00:06 Autore: Giuseppe Martelli

Sondaggio Swg Primarie Pd: L’affluenza che fa la differenza.

 

Il sondaggio di Swg sulle primarie del Pd rappresenta davvero una luce che illumina un angolo buio, specialmente alla vigilia dell’assemblea nazionale dei democratici, che dovrà decidere le regole della competizione.

 

affluenza milioni BERSANI RENZI
2,6 37 29
4 26 29
3,3 33 29

 

Il sondaggio è molto interessante perché mette in relazione i risultati dei candidati con l’affluenza. Questo incrocio ci offre un punto di vista completo sulla competizione, ma ci aiuta anche a capire meglio il dibattito sulle regole, che sta animando la dirigenza democratica e  la base.

Andando per ordine analizziamo prima i risultati del sondaggio.

I dati ci dicono che con un‘alta affluenza le possibilità di vittoria del sindaco di Firenze aumentano in maniera esponenziale, mentre una minore partecipazione favorirebbe il segretario.

Il dato non sorprende visto e considerato che da molto tempo, addetti ai lavori ed osservatori, ipotizzano uno scenario di questo tipo. E’ infatti noto che l’asso nella manica di Renzi è la chiamata la voto di pezzi di società non vicini alla dirigenza del partito o di elettori provenienti dal campo avverso.

D’altra parte lo stesso Renzi ha ricordato a tutti la volontà di attrarre gli elettori del centro-destra e, in assenza di “filtri” in entrata, non c’è ragione di credere che ciò non possa avvenire anche all’interno di una elezione primaria.

Dalla parte opposta c’è un gruppo dirigente spaventato, ma intenzionato ad usare le armi che possiede (paletti di vario genere) per evitare la sconfitta, alla vigilia di un possibile ritorno al governo del centro-sinistra.

Il quadro definito è di per sé sufficiente a spiegare le ragioni dello scontro che si sta consumando in queste ore tra Renzi e Bersani; uno scontro che va avanti tra accuse di voler limitare la partecipazione ed esposizioni più o meno confuse di tesi sulla necessità di regole. In questo intricato contesto è difficile dare ragione a qualcuno. Chi scrive, ad esempio, ritiene che i processi democratici non possano essere intesi come momenti caotici di partecipazione popolare ma, che al contrario, la chiarezza della regole, una competizione ordinata, rappresentino fattori di maggiore legittimità. Tuttavia è evidente che, quanto meno il timing deciso dalla dirigenza per cambiare le regole non è quello giusto e alcune discussioni, determinati nodi, sarebbe stato utile affrontarli in tempi più sereni e meno “emergenziali”.

Rispetto all’esito della competizione, tutto risulterà più chiaro dopo la definizione della regole. Il doppio turno, le restrizioni alla partecipazione elettorale al secondo turno e l’albo sono elementi sistemici determinanti sull’esito finale. Inoltre da un punto di vista politico sarà utile capire, nelle prossime settimane, il ruolo di Vendola che dovrebbe dichiarare il proprio eventuale sostegno ad un dei due candidati, in caso di ballottaggio.

Altre considerazioni sono però possibili già oggi e la più chiara, da un punto di vista complessivo, riguarda il futuro del Pd.

Per il partito di Bersani, infatti, la storia si è messa a correre e sarà difficile non ritrovare un Pd geneticamente modificato alla fine di questa storia. A prescindere dall’esito delle primarie il Partito Democratico, anche se in maniera confusa, potrebbe diventare davvero un partito progressista, elettoralmente forte e politicamente in grado di tenere al suo interno Vendola, Renzi e Bersani. Ognuno dei quali “garantirebbe” alle proprie fette di elettorato rappresentatività in una formazione in grado di governare, potenzialmente per moltissimi anni. La crisi del campo avverso, infatti, potrebbe rendere tutto più semplice e permettere al Pd di essere qualcosa di diverso della somma dei Ds e della Margherita.

Esistono ancora fattori in grado di deviare questo percorso: una possibile scissione dei renziani o l’indisponibilità di Vendola ad entrare nel Pd, oltre alla legge elettorale che è determinante anche negli equilibri interni. Nonostante ciò per il partito di Bersani questa potrebbe essere una straordinaria occasione per portare il nostro sistema politico verso un modello europeo di rappresentanza e partecipazione.