Nichi ha scelto uno slogan sottile, speranzoso al limite del velleitario. Sarà che per lui “politica e speranza devono diventare una coppia di fatto” locuzione che manderà in solluchero Claudio Cerasa e la sua gettonata rubrica sul Foglio e che al netto della retorica leziosa rivolge un messaggio d’alternativa piuttosto che di alterità. Intuendo una delle grandi lacune della campagna per le primarie del centrosinistra: manca un’offerta credibilmente di sinistra e di rottura rispetto allo status quo montiano. Renzi guarda al centro e lavora ogni giorno per proiettare la modernità fuori dal tradizionale quadrato semiotico di destra-sinistra e di liberista-statalista. Bersani si presenta dal 2009 in chiave di leader socialdemocratico, costringendo se stesso in alcuni passaggi a emendare il suo passato al governo da uomo delle lenzuolate liberalizzatrici. Sia nel caso dell’uno che dell’altro Terza via o socialdemocrazia sono opzioni del futuro o – a voler essere maliziosi – del futuribile. Il loro presente si chiama governo tecnico. Non è forse vero che all’ordine del giorno del Pd da qualche settimana c’è la discussione dell’eredità dell’agenda Monti per la prossima legislatura?
[ad]L’oppure di Nichi è una possibilità nuova per centinaia di migliaia elettori di sinistra desiderosi di buttare a mare l’austerity per avere sollievo nelle enormi disparità sociali e di distribuzione del reddito oramai tipizzate nell’Italia corporativa del 2012. A loro il governatore della Puglia si è rivolto nell’investitura della sua candidatura a Ercolano poche ore fa: “La crisi non è stata uguale per tutti. I poveri pagano più dei ricchi per una crisi di cui non hanno nessuna responsabilità”. Il ricamo retorico anche in questo caso è in agguato: “Basta con i soviet dei finanzieri. Non devono essere i mercati a regolare la vita, ma la vita a dover regolare i mercati”. Con l’affondo più pesante verso Monti, auspicando per queste primarie uno “tsunami” di partecipazione elettorale per scongiurare il suo ritorno nella prossima legislatura con un “bis” della grande coalizione emergenziale.
Il senso per gli elettori dell’alternativa, intendendo con ciò la possibilità di scegliere qualcosa di completamente differente rispetto allo scacchiere politico esistente confligge però col senso per Vendola di queste primarie. Quale è la mission della corsa del leader di Sel: provare a vincere, cercando di strappare un biglietto utile per il secondo turno di dicembre? Se sì, probabilmente deve inevitabilmente slegare lo slogan “oppure” con la sua vena di bersaniano allineato. Anche a Ercolano, nell’atto di gettarsi a capofitto nella competizione ha tributato al segretario del Pd un merito storico: “Non voglio fare pubblicità a un mio competitor, ma l’ultima volta che ho visto un ministro dell’industria questo era Pierluigi Bersani”. Una chiosa di dubbia utilità ai fini della campagna, che per un momento ha fatto aleggiare il dubbio se quello di Vendola fosse non il discorso di apertura della competizione, ma quello di endorsement per il segretario democrat la sera dei risultati del primo turno.
Per carità, è legittimo per il leader di Sel pensare di usare un’elezione di tipo majority per pesarsi e iniziare la sua campagna da un luogo simbolico della cultura, il museo virtuale degli scavi in Campania è un ottimo modo per caratterizzare il legame speciale col Mezzogiorno che intende esprimere, ma si ferma qui il suo potenziale?
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Vendola è il primo a non ritenere vincente il suo “oppure”? Si può evitare il solito scoglio dei sondaggi e delle previsioni. Sappiamo che la sua candidatura parte dalla preferenza di un 13% di elettori del centrosinistra e che in passato lui per primo, Pisapia, Doria, Zedda sono stati capaci di scardinare il gioco dell’establishment del Pd rovesciando le ambizioni di chi si sentiva già sindaco o presidente di Regione per avere la tessera del partito più grande.
[ad]A voler dare un’inquadratura nuova alla competizione, la qualità del “framing” da manuale del buon leader politico, Vendola avrebbe due carte per far decollare la sua candidatura alla premiership. Ovvero per essere anti-bersaniano, anti-renziano e cool ad un tempo: 1) In Puglia è riuscito due volte su due a sconfiggere un politico non vagamente dalemiano, ma appoggiato direttamente dal leader maximo nella terra politica proprio di D’Alema, altro che Renzi; 2) Una volta vinte le elezioni la sua coalizione di centrosinistra – al netto delle inchieste della magistratura sulla sanità – ha macinato risultati con pragmatismo e offrendo una narrazione alternativa e di sinistra ad una Regione piuttosto simpatizzante per le forze moderate.
Impastare questi due ingredienti con i temi che arriveranno nella quotidianità politica, insieme ad un programma di governo, darebbe serie chance a Vendola di giocare per accedere al secondo turno, magari contro Renzi – del quale ripudia la strizzata d’occhio al free market – magari contro Bersani – il “simpatico socialdemocratico” del quale dovrebbe iniziare a disprezzare qualcosa.
A patto ovviamente che l’obiettivo di Nichi sia competere per vincere e non per trattare con comodità il dopo primarie col leader apparentemente più forte. In quel caso il suo “oppure” deperirebbe facilmente per trasformarsi in un tema sospeso dell’alternativa, nell’ennesimo “vorrei ma non posso” della sinistra italiana.