Stavolta poteva non farcela: due volte operato di tumore, una cartella clinica tenuta segreta, ed una opposizione data in netta crescita, per alcuni sondaggi addirittura vicina alla vittoria.
[ad]Hugo Chavez invece ha vinto per la quarta volta le elezioni, conquistando un altro mandato da sei anni: se la malattia è davvero superata, arriverà a 20 anni esatti di governo ininterrotto. Un governo segnato dall’obiettivo di realizzare la “rivoluzione bolivariana”, il socialismo del XXI secolo. Più Stato, meno mercato, controllo dell’oro nero, stipendi più alti e ferie più lunghe. Così, il partito del Presidente (il PSUV, Partito Socialista Unito del Venezuela) riesce a mantenere alto il consenso ed il controllo sulla società venezuelana, a costo di mettere in ginocchio l’imprenditoria privata, far crescere l’inflazione e sfiorare la crisi energetica.
L’opposizione era guidata dal cristiano-sociale Capriles, trenta liste unite sostanzialmente dall’avversità al presidente, accusato tra le altre cose di aver limitato la libertà di stampa, nonché di aver aumentato la burocrazia e l’inefficienza economica. Henrique Capriles ha portato la coalizione al 45% circa dei consensi, ben nove più della precedente elezione, e ha potuto così affermare di aver gettato semi importanti per il futuro democratico del paese sudamericano. Ha riconosciuto subito la sconfitta, ma ha invitato il Presidente a tenere ben presente come oggi il Venezuela sia un paese sostanzialmente diviso a metà. Lo stesso Chavez, nel suo discorso ha voluto assicurare che in questo quarto mandato si dimostrerà un presidente migliore, più capace di accogliere istanze dell’opposizione.
La chiave di volta di queste elezioni è stata l’altissima affluenza: le misure social-populiste adottate negli anni scorsi hanno fatto sì che Hugo Chavez potesse contare sulla mobilitazione dei ceti meno abbienti della popolazione, contrastando così un declino di consensi che è pur rimasto vistoso.