Da “Tutti per l’Italia” a “Pochi per l’Italia”: il senso di sconfitta dei leader del centrodestra
[ad]Fermiamoci su quest’ultimo litorale della politica. Perché ancor prima di nascere politicamente con la consacrazione nelle urne il Terzo Polo da nuovo e alternativo centrodestra si è trovato ben presto sperduto. Sprovvisto di una rotta e di un nocchiero. Tanto da essere periodicamente buttato a mare da Casini – in questo vero decision maker della compagnia – nei giorni di dialogo con Bersani e ripescato nei giorni di rottura.
La dinamica di oscillazione da un Polo all’altro e il salto da una strategia all’altra porta con sé un grande senso di incoerenza. Per logica conseguenza il Terzo Polo a trazione casiniana inizia a essere visto come esperimento tenuto insieme solo con l’adesivo della furbizia e del desiderio di salvare delle carriere politiche. Implacabile il verdetto del quesito a proposito della lista unificata Fli-Udc per sostenere il Monti bis: per il 64% è solo un’operazione di facciata.
Sarebbe sufficiente questo dato a seppellire ogni discorso sulla bontà della presenza in campo di Casini e Fini. Se non fosse che Ipsos dragando ulteriormente il fondale dell’elettorato disaffezionato dal berlusconismo ha chiesto a questo una reazione – in termini di intenzione di voto – nel caso in cui l’ex premier dovesse essere di parola, magari per spalancare la porta alla riunificazione del centrodestra. Il 28% non andrebbe a votare, il 30% si schiererebbe con la coalizione di centrosinistra guidata da Bersani.
A conferma che se proprio fossero “per l’Italia” Berlusconi o Alfano, Fini, Casini e Maroni si troverebbero a far appello a ben “Pochi” piuttosto che a “Tutti”.