La disciplina dei conti paga, ha detto Monti in conferenza stampa presentando il dl stabilità, quello che da qualche hanno ha preso il posto delle manovre finanziarie: tenere i conti in ordine, è il messaggio, permette al paese di adottare anche misure che tante volte erano state annunciate e mai applicate. Due su tutte, l’abbassamento di un punto delle due aliquote più basse dell’Irpef, e il contrasto all’aumento dell’IVA (che è aumentata, ma di un punto solo, rispetto ai due di cui si è sempre parlato).
I sacrifici richiesti, però, rischiano di essere salati. Tralasciamo il dimezzamento delle retribuzioni per chi usufruisce della legge 104/92 (che permette di seguire parenti disabili senza di fatto bruciare le proprie ferie o rischiare assenze ingiustificate) – che rappresenta, secondo chi scrive, un vulnus che deve essere cancellato quanto prima, non importa se dal governo stesso o dal parlamento. Tralasciamo anche l’operazione cieli bui, che anzi potrebbe rivelarsi un modo intelligente di aumentare la cultura del risparmio energetico: il nome scelto infatti non deriva da scene di war movies, ma dal nome di un’associazione con la quale il governo ha stipulato un accordo per trovare il modo di limitare l’inquinamento luminoso.
Tra gli atti che invece fanno e faranno più discutere, e che renderanno poco agevole l’iter parlamentare del dl, va menzionato il blocco degli stipendi nel pubblico impiego per tutto il 2014. Il lavoro nella P.A., è noto anche ai muri, si è strutturato nei decenni della prima repubblica come uno scambio “poco lavoro, bassi salari”, formula che sembrava allora metter d’accordo tutte le esigenze (l’occupazione, in specie meridionale, la spesa pubblica, il consenso politico…). Negli ultimi anni però il pubblico impiego è stato più volte oggetto di misure di dimagrimento – preparate da crociate “antifannulloni” – che hanno colpito gli stipendi dei funzionari dello Stato: secondo la Cgil, tra blocco dei rinnovi e della vacanza contrattuale (il contratto è scaduto nel 2009, la vacanza contrattuale è stata pagata solo l’anno successivo) saranno seimila pro capite gli euro persi nel quinquennio 2010 – 2014, pari a 10 punti percentuali di potere d’acquisto – con ciò che ne consegue non solo per le loro pensioni future, ma per l’intera economia.
Altro punto su cui la Cgil punterà i piedi è sicuramente il nodo-esodati, per i quali è stato stanziato un fondo pari a 100 milioni di euro, giudicati insufficienti non solo dal sindacato, ma dalla stessa ragioneria dello Stato in sede di valutazione del ddl Damiano.
L’allarme del Pd e delle regioni è invece su sanità ed istruzione, dove il timore è di non riuscire a garantire i servizi essenziali, o meglio, di renderli a pagamento.
Ma in realtà, anche i “successi” contenuti con questa manovra sono contestati da associazioni dei consumatori e confesercenti (per una volta uniti), secondo i quali il combinato disposto dell’aumento di un punto dell’IVA e la riduzione dell’Irpef, in realtà porterebbero ad aumenti del costo della vita non indifferenti (per il codacons, si parla circa 270 euro a famiglia).
Sono gli effetti della Spending Review, del Fiscal Compact, in generale della preminenza data al contenimento dei costi rispetto al senso degli investimenti.