Biden galvanizza i democratici, Ryan resiste

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Un pareggio. E per capire al meglio quello che è successo questa notte fra Biden e Ryan più che il dibattito bisogna guardare il tabellino. Il verdetto in questo caso è di sotanziale equilibrio. Nel consueto sondaggio della Cnn post-dibattito elettorale il campione di spettatori si è spaccato quasi a metà: il 44% sostiene di aver visto il vice-presidente in carica prevalere, un altro 48% dà credito alla performance del candidato repubblicano. Addirittura un focus group attribuisce una quota alta di indecisi sull’esito del dibattito: circa il 35%.

[ad]Poche speranze, di conseguenza, di vedere grandi transumanze di voti. Il dibattito fra vice-presidenti è tradizionalmente atteso da una porzione infinitamente più piccola di quello fra i due aspiranti chief in commander, che ha avuto un esito ben misurabile a distanza di una settimana. L’ultima rivelazione di Ipsos assegna all’ex governatore del Massachusetts Romney un vantaggio di tre punti percentuali rispetto a Obama. Per effetto della conquista di molti elettori indipendenti e di indecisi.

Più marginale l’impatto di stasera. Come in tutti i pareggi che accontentano entrambe le squadre: Biden ha riportato un briciolo di orgoglio per la sua maglia, uscita demoralizzata dal primo duello tv; Ryan da conservatore ideologico e attestato su posizioni radicali su economia e quesiti morali ne è uscito con un’aura se non presidenziale, moderata quanto basta per accordarsi col nuovo corso della campagna impostato da Romney.

Alcune annotazioni meritano di essere poste in margine al testo di questo dibattito, non fosse altro che il gioco all’attacco di Biden non si è trasformato in un predominio. Dalla politica estera al Medicare il tono è stato dello scontro aspro da parte del vice-presidente, che si è rivolto anche col linguaggio non verbale verso il suo giovane competitor puntandogli lo sguardo e il dito, ridendo per la prima ora del dibattito ad ogni intervento di Ryan. La delegittimazione ha funzionato solo a metà e la sensazione di aggressività è rimasta addosso alla metà degli elettori non convinta dalle politiche di Obama. Gli interventi di disturbo sulle affermazioni di Ryan hanno avuto un’efficacia parziale nel disturbare in qualche modo il racconto del giovane congressman repubblicano. Sulla frequenza ha ecceduto. Sia nelle interruzioni che nelle risate impiegate nella prima metà del dibattito a chiosa di Ryan.

Il colpo d’occhio su questo frangente è stato negativo, ricordando più che presidenti sorridenti come Ronald Reagan i toni ridanciani di un antieroe. Un atteggiamento che ha saputo emendare abilmente nella parte conclusiva, quando abbassando la voce ha mostrato un tono presidenziale. Specie sull’Afghanistan: “Porremo fine alla missione nel 2014, punto” ha affermato, mettendo in luce le tesi contraddittorie di Ryan, favorevole al ritiro per quella data ma a condizione di avere il placet dei generali.

Sul Medicare, sull’abbassamento delle aliquote per le piccole imprese, pure sull’eventualità di interventi militari in Iran e in Siria Ryan ha svicolato nei contenuti e nei criteri direttivi attorno ai quali modellare l’azione di governo una volta alla Casa Bianca. Così si sono alternati momenti di incertezza ad altri in cui il senatore ha arginato la netta esuberanza del vice in carica, specialmente nel finale quando il messaggio alla classe media – il vero snodo programmatico delle presidenziali – è stato chiaro: “Obama ha avuto la sua occasione, meritate di meglio”.