Regionali 2010: Campania
La situazione in Campania è tornata sotto i riflettori in questi ultimi giorni, dopo le vicende legate alla decisione dell’Italia dei Valori di appoggiare il candidato del Pd, Vincenzo De Luca, attualmente sindaco di Salerno. La decisione, sancita da un’ovazione dei delegati al congresso del partito di Antonio Di Pietro la scorsa domenica, dopo una lunga e appassionata arringa di De Luca, ha causato molti malumori tra la base dell’IDV, nonché forti critiche provenienti da giornalisti considerati “vicini” a quel partito (tra cui le firme del Fatto Quotidiano: Travaglio, Gomez e Padellaro) e dal popolare europarlamentare Luigi De Magistris.
Ma come si è arrivati ad una candidatura così controversa? In effetti De Luca non ha mai nascosto, negli anni scorsi, di considerarsi l’erede di Antonio Bassolino (a cui lo lega una rivalità spesso sfociata in aperta ostilità) alla leadership del centrosinistra campano. E nei mesi scorsi il Pd non ha saputo mettere in campo un nome che fosse condiviso dalla coalizione: prima ricercando un candidato gradito anche all’Udc (si era fatto il nome del Rettore dell’università di Salerno, Raimondo Pasquino), poi, quando i centristi si sono accordati con il Pdl, uno che segnasse “discontinuità” rispetto al bassolinismo, ma che al contempo non dispiacesse troppo né al Pd napoletano né agli alleati. Si era vociferato di Andrea Cozzolino (europarlamentare recordman di preferenze in Campania per il Pd), e poi di Ennio Cascetta, l’uno ex assessore regionale, l’altro tuttora assessore ai Trasporti per la Campania. Anche il Rettore della Federico II di Napoli, Guido Trombetti, si è reso indisponibile. L’entrata in scena di De Luca, un personaggio che nel corso degli anni ha saputo imporre le sue scelte, persino contro il proprio partito, ha dato una scossa non indifferente: di fronte ad una pluralità di candidati, il Pd doveva dunque ricorrere alle primarie. Candidati, De Luca e l’ex vicesindaco di Napoli, Riccardo Marone, uomo di Bassolino. Ma proprio Marone, constatata evidentemente la debolezza dell’apparato che avrebbe dovuto sostenerlo, ha ritirato in extremis la sua candidatura, lasciando il campo al solo De Luca.
Gli altri partiti di centrosinistra sono subito entrati in fermento: solo i Verdi e Alleanza per l’Italia (due partiti non eccessivamente rappresentativi) hanno appoggiato da subito De Luca. Fermamente contrari invece sia l’Italia dei Valori (a causa dei due rinvii a giudizio che pendono sul capo del sindaco di Salerno) sia Sinistra e Libertà e la Federazione della Sinistra (che vedono nell’operato di De Luca troppe somiglianze con le politiche dei sindaci-sceriffi di destra, o addirittura leghisti). Erano titubanti anche i socialisti del Psi, che proponevano la candidatura di Marco Di Lello, anch’egli ex assessore regionale, da diversi anni in rotta con Bassolino. Ma nelle settimane successive De Luca ha prima ricucito con Sinistra e Libertà, poi con il Psi (che la settimana scorsa ha comunicato ufficialmente il suo sostegno a De Luca), fino al “coup de téatre” con cui Di Pietro ha sciolto il nodo gordiano che per lui rappresentava la candidatura di un pluri-inquisito come unica alternativa al centrodestra, facendo intervenire De Luca al congresso di IDV e facendogli raccogliere l’applauso dei delegati, senza risparmiare frecciate a chi non aveva voluto “metterci la faccia” (con riferimento a De Magistris, molto critico nei confronti di De Luca, che però non ha voluto lasciare il suo ruolo all’europarlamento per candidarsi in Campania).
Al momento, dunque, De Luca raccoglie l’appoggio di tutto il centrosinistra, meno la Federazione della Sinistra (ex Rifondazione e Pdci), che con Ferrero ha escluso qualsiasi appoggio, e però ha visto perdere il suo “uomo forte” in regione: l’assessore regionale al Lavoro Corrado Gabriele, passato proprio negli scorsi giorni al Pd. Si tratta di una perdita importante, visto che lo stesso Gabriele era tra i nomi che inizialmente si facevano tra i possibili candidati del centrosinistra.
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E veniamo al centrodestra: anche qui non sono state poche le fibrillazioni per quanto riguarda la scelta del candidato. Inizialmente infatti si era proposto, sostenuto da buona parte del partito, il coordinatore del Pdl campano, nonché deputato e sottosegretario all’Economia, Nicola Cosentino. Ma le sue recenti vicende giudiziarie, che lo hanno visto alcuni pentiti accusarlo di essere da anni il tramite tra la politica e il clan dei Casalesi in provincia di Caserta e il successivo mandato d’arresto negato dal Parlamento (negazione senza la quale Cosentino sarebbe tuttora agli arresti in custodia cautelare), lo hanno sottoposto al tiro incrociato della stampa, del centrosinistra e soprattutto dei suoi avversari interni al Pdl, in particolar modo quell’area che fa capo all’ex Alleanza Nazionale (che con Bocchino e la Mussolini si era espressa in maniera nettamente contraria alla candidatura di Cosentino). Cosentino ha fatto dapprima molte resistenze, dichiarando che solo una precisa richiesta del presidente Berlusconi avrebbe potuto fargli fare un passo indietro; richiesta che evidentemente è arrivata, visto che il centrodestra ha poi proposto un altro candidato, Stefano Caldoro.
Caldoro, ex socialista segretario del Nuovo Psi, poi confluito nel Pdl, ha raccolto subito i consensi necessari all’interno del partito, e successivamente ha saputo ricondurre alla causa del centrodestra anche l’Udc che in precedenza, come detto, era invece in trattativa con il centrosinistra e avrebbe potuto essere, dati alla mano, un pericoloso ago della bilancia. Il partito di Casini, guidato da De Mita, può infatti contare in Campania su percentuali considerevoli, prossimi alle due cifre.
Considerando i dati delle elezioni più recenti, non da ultimi quelli delle provinciali di Napoli e Salerno dello scorso anno (zone in cui il centrosinistra era stato sempre piuttosto forte, ma che in tali occasioni è stato “distrutto” dal centrodestra), a livello di liste di partito non ci sarebbe storia: il centrodestra, con l’Udc, disporrebbe di un livello di consensi di molto superiore a quello del centrosinistra. Centrosinistra che, dopo oltre dieci anni di governo della Regione, ha lasciato una pesante eredità (ben simboleggiata dalla figura di Bassolino) in termini di delusione del proprio elettorato, a causa degli scandali che si sono susseguiti, da quello della “monnezza” a quello delle “consulenze d’oro”, senza contare le che hanno portato all’arresto di mezza giunta comunale a Napoli nell’ambito dello scandalo “Global Service”.
Tra gli outsider, c’era Riccardo Villari, ex Pd (e protagonista della vicenda della commissione di Vigilanza sulla Rai a fine 2008), candidato con il Movimento per le Autonomie. Il medico e senatore campano aveva già tappezzato le strade con manifesti che lo ritraggono lanciare uno slogan dal sapore vagamente leghista (“Padroni in casa nostra”), ma negli ultimi giorni è arrivato l’annuncio di un accordo siglato con il Pdl.
La partita sembra dunque già decisa, a meno di un fortissimo effetto-De Luca, che nei sondaggi sembra essere non eccessivamente sotto il suo sfidante, visto che alle regionali è possibile il voto disgiunto ed è quello dato ai presidenti che conta in ultima istanza.
Salvatore Borghese