L’incredibile vicenda della mancata presentazione della lista del Pdl in Lazio ci spinge a qualche valutazione in vista delle elezioni regionali.
Prima, una veloce sintesi dei fatti. Ieri alle 12 scadevano i termini per depositare le liste e le candidature presso il tribunale di Roma; per motivi non ancora del tutto chiari le liste del Popolo della libertà non sono state presentate. Il primo ricorso operato dal partito, presso la Corte d’appello, è stato respinto. A questo punto resta il ricorso all’ufficio centrale regionale della Corte d’appello, che si pronuncerà nei prossimi giorni.
Da un lato il centrosinistra, in testa la candidata alla presidenza Emma Bonino e altri esponenti come il presidente della provincia di Roma Nicola Zingaretti, hanno chiuso la porta a una possibile riammissione della lista, invitando al rispetto delle regole. Dall’altro il centrodestra, disorientato e sorpreso, ha fatto appello, per mezzo della candidata Renata Polverini e del sindaco Alemanno, al capo dello Stato Napolitano perché si faccia garante di un voto realmente democratico.
[ad]Secondo i pareri raccolti da Termometro Politico, però, sotto un profilo strettamente legale non sembrerebbero esserci grandi spiragli per la riammissione del Pdl, che comunque dopo il ricorso all’ufficio centrale potrà eventualmente rivolgersi al TAR e al Consiglio di Stato.
Ma la conseguenza dell’esclusione sarebbe molto semplice: sulle schede elettorali della provincia di Roma, a fianco del nome di Renata Polverini, non ci sarebbe il simbolo del Popolo della libertà.Che cosa implicherebbe questa clamorosa esclusione, in termini elettorali?
La provincia di Roma, da sola, vale 4.110.035 abitanti su un totale di 5.626.710 laziali. Il 73% netto. Si tratta della provincia più «pesante» d’Italia rispetto alla regione in cui si trova: per fare un paragone, la provincia di Napoli riunisce appena il 53%, Torino il 52%, Genova il 47%, Milano il 40%. Per non parlare di realtà più parcellizzate come l’Emilia-Romagna, il Veneto, la Sicilia.
La centralità della capitale rispetto al territorio regionale emerge chiaramente anche nelle consultazioni elettorali: alle regionali 2005 portò 2.320.131 voti su 3.218.711, cioè il 72,1% dell’intero Lazio. E più recentemente, alle europee del 2009, poco è cambiato: 1.928.433 voti validi in provincia sui 2.779.396 totali: il 69,4 per cento.
Questo significa che, se effettivamente il Pdl sarà escluso dalla competizione elettorale a Roma e provincia, Renata Polverini partirebbe con un notevole handicap.
Quando si scontrarono Marrazzo e Storace, cinque anni fa, meno di un voto su sei fu direttamente espresso con una croce sul nome dei candidati alla presidenza. E questa tendenza è stata più marcata presso gli elettori del centrodestra: oltre il 90% dei voti andati a Storace veniva da suffragi dati (soltanto o anche) alle liste che lo sostenevano.In questo momento è difficile tentare valutazioni più complesse, che richiederebbero studi sulla distribuzione del voto tra liste e candidati nelle elezioni regionali. Di sicuro c’è che, a differenza di quanto spesso affermato, spesso sono i partiti a trainare i candidati governatori e non viceversa.
In questo quadro l’assenza di un partito fondamentale per il centrodestra, accreditato dall’ultima rilevazione di Ipsos di tre quarti delle preferenze in seno alla coalizione, in una provincia del calibro di Roma renderebbe la scalata della Polverini molto, molto più ripida del previsto.