Rassegna stampa estera: Si prepara il primo dibattito per le presidenziali USA.
A poco meno di cinque settimane dalle elezioni presidenziali americane del 2012 i principali quotidiani americani concentrano la loro attenzione sul primo degli attesi dibattiti elettorali televisivi tra Barack Obama e Mitt Romney.
Nonostante le recenti gaffes di Romney e il vantaggio di Obama nei sondaggi, le indiscrezioni provenienti da entrambi i comitati elettorali confermano l’importanza che viene assegnata agli imminenti confronti televisivi tra i due candidati. Per alcuni commentatori questa potrebbe essere l’ultima occasione per Romney per imporre i suoi temi alla campagna elettorale. Del resto al momento sia il New York Times che il Washington Post mettono l’accento sul fatto che il vantaggio di Obama non è così categorico da mettere il presidente al sicuro.
[ad]Romney dovrà insistere, secondo i rumors dalla cabina di regia repubblicana, nel cercare di riportare l’economia al centro della narrazione della campagna elettorale. Gli advisor di Romney potrebbero anche spingere il candidato ad insistere sulla linea contraddittoria seguita in occasione dell’attacco di Bengasi alla ambasciata americana in Libia. Infatti il Dipartimento di stato aveva inizialmente stigmatizzato gli eventi libici come frutto di incomprensioni e disordini, mentre negli ultimi giorni la responsabilità di Al Qaeda è stata indicata come fondamentale.
Secondo il New York Times, in ogni caso, se Romney ha cercato fin dall’inizio di convincere la gente che l’economia è in cattive acque, ora dovrà fare un lavoro ben più impegnativo indicando le responsabilità del presidente Obama in questo senso.
Secondo il Washington Post Obama dovrà invece cercare di semplificare il suo messaggio, far prevalere la sua competenza e il suo carisma di fronte alle incertezze e ai pregiudizi che la figura di Romney ha creato nella classe media. Proprio la difesa della riforma del sistema sanitario, e di quel 47 per cento di cittadini americani che non guadagna abbastanza per pagare le tasse federali, potrebbe dare ad Obama l’occasione per dipingere il suo avversario come un estremista, incapace di assicurare l’unità della nazione e impegnato, piuttosto, a privilegiare sparute minoranze di privilegiati.
Gli advisor americani prevedono anche la possibilità di sostenere la presenza di una sorta di sindrome “Carter” riguardo la politica estera di Obama, ovvero insistere riguardo incapacità del presidente di guidare una evoluzione pacifica in Libia e nello stesso tempo di promuovere quella crescita economica che al momento appare quantomeno fragile negli Stati Uniti. Ma anche alcuni Repubblicani si dicono convinti che la grande popolarità di Obama rende quantomeno difficoltoso il paragone tra i due presidenti democratici. Del resto l’ultimo sondaggio Gallup sulla popolarità del presidente è vicino al 50 per cento, mentre Carter poteva godere, in un contesto simile, di una popolarità appena del 37 per cento. Altri advisor repubblicani insistono nel fatto che Obama ha dalla sua una forte e definita personalità ed un indubbio carisma mentre Carter era introverso, sospettoso e cupo per natura.
In ogni caso l’opposizione alla minaccia nucleare iraniana costituisce uno dei pochi punti comuni delle strategie dei due candidati, mentre Romney non sembra avere alcuna intenzione di insistere per una linea dura in questo senso.
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