Renzi, D’Alema e quei passi indietro
Renzi a questa ipotesi ha ribaltato l’ottica affermando che comunque con questa mossa non viene meno nemmeno la leggittimità del candidato Renzi anche in quanto “rottamatore”. E ha segnalato come in caso di vittoria di Bersani “sarà D’Alema a farsi da parte. In caso di nostra vittoria saremo noi a non candidarlo”.
[ad]In questo modo – parlando ancor di più di politica dopo i primi passi indietro, e continuando a rivendicare il suo ruolo di rinnovamento (che lo stesso Bersani potrebbe rivendicare dopo la mossa dalemiana) – la campagna del sindaco di Firenze non solo può continuare senza particolari o traumatici scossoni. Ma anzi può rafforzare l’equilibrio interno al Pd portando la sua candidatura a rappresentare delle istanze riformiste capaci di ribilanciare i dissestati equilibri politici del Nazareno.
Fermo restando che si tratta pur sempre di un candidato che ha deciso di partecipare alle primarie “senza se e senza ma”, nonostante il radicale cambio di regole rispetto alle elezioni primarie precedenti. E che ha giurato fedeltà al Pd e al suo schieramento non chiedendo posti e promettendo lealtà al candidato Bersani. Col risultato di ottenere, per risposta, che una sua affermazione porterebbe alla morte e all’implosione del centrosinistra.
La peggior accusa per un uomo politico.
Da qui la replica. Macché implosione del centrosinistra. Al massimo finisce la carriera parlamentare di Massimo.
Della serie: nessun rischio sistemico, le famiglie italiane nella peggiore delle ipotesi avrebbero fatto a meno della proficua attività legislativa dell’onorevole D’Alema.