I mercati finanziari chiudono l’ottava in positivo, ma la giornata di venerdì ha lasciato in forte rosso molti indici, fra cui quello italiano, dando indizi che i timori non si sono ancora diradati.
Il sentiment fra gli osservatori è moderatamente positivo circa gli esiti della crisi globale, specie grazie ad alcune buone notizie sul fronte macro e sul raffreddamento delle tensioni in Europa. Come evidenziato dal restringimento degli spread, ai minimi da un anno per quanto riguarda il BTP contro il Bund, il default di uno o più Paesi è ad oggi ritenuto meno probabile rispetto a qualche mese fa, ma resta alta la probabilità che la crisi, uscita dalla fase acuta, passi ad una fase cronica caratterizzata da bassi tassi di crescita nel corso dei prossimi anni.
Se così fosse, a farne le spese in primo luogo sarebbero i Paesi a crescita storicamente più lenta e con storia politica, economica e sociale caratterizzata da ingranaggi distrutti dalla ruggine. Per questo, se il 2011 è stato l’anno della crisi greca, mentre il 2012 quello della crisi spagnola, il 2013 potrebbe essere l’anno dell’Italia. Il Paese cresce storicamente molto poco da quasi due decenni e si ritrova con un debito pubblico molto alto. Se la crescita (ovvero il reddito che serve anche a pagare quel debito) non decollerà (e non si vede ancora come potrà, visto che la ricetta proposta dall’esecutivo continua ad essere “più tasse”), c’è da aspettarsi un ritorno delle tensioni verso Roma.
Nell’attesa gli occhi saranno puntati sulle elezioni USA del 6 novembre e quindi la risoluzione del fiscal cliff, l’austerità a stelle e strisce che rischia di riportare in recessione la più grande economia del mondo.
[ad]Passando all’agenda macroeconomica relativa alla settimana entrante, vediamo che per lunedì e martedì non sono presenti eventi fortemente attesi dagli operatori. Mercoledì l’Italia rilascerà il dato sulla fiducia dei consumatori, previsto in lieve crescita ma a livelli assolutamente deprimenti. Si attendono inoltre le stime preliminari degli indici dei direttori degli acquisti di Germania, Francia e Europa, che dovrebbero indicare ancora un futuro in recessione, con l’esclusione del terziario tedesco, che dovrebbe tornare di pochissimo sopra lo spartiacque dei 50 punti. Il dato più atteso della mattinata sarà però l’indice IFO della fiducia delle imprese tedesche, che dovrebbe confermarsi ai livelli della rilevazione precedente, poco sopra i 101 punti. Nel pomeriggio sarà fondamentale guardare i segnali che arriveranno dal mercato immobiliare USA, con l’uscita del dato sulle vendite di nuove case, attese in crescita. Più tardi sarà la volta della Fed, che annuncerà le decisioni prese dal FOMC circa la politica monetaria.
Giovedì conosceremo l’andamento delle vendite al dettaglio italiane, che dovrebbero registrare una lieve crescita su base mensile. Negli USA verranno invece rilasciati i jobless claims, previsti in contrazione rispetto alla (relativamente alta) rilevazione della settimana scorsa, e gli ordini di beni durevoli, previsti in crescita dopo che l’ultima rilevazione aveva evidenziato un calo piuttosto deciso.
Venerdì conosceremo se le aziende italiane stanno riprendendo fiducia (le attese non sono positive), ma gli occhi saranno puntati soprattutto sulla stima preliminare del PIL statunitense, atteso in crescita lievemente meno anemica su base trimestrale (+1,8% rispetto al precedente +1,3%).