Larry Sabato: “Obama è ancora favorito, sta tenendo il firewall in Ohio”
“Firewall”, a leggere il dizionario, significa “componente di difesa perimetrale”. Molti di voi, chi più chi meno esperto di informatica, avrà sentito pronunciare questo termine, dieci cento o mille volte. Vi chiederete: cosa c’entra questo discorso con una analisi politica?
Si dà il caso che “Firewall” sia proprio il termine impiegato dagli analisti americani, di ogni estrazione e affiliazione politica, per definire la strategia elettorale di Barack Obama e del suo team per garantire al Presidente un secondo mandato alla Casa Bianca.
[ad]Quando “l’uomo del cambiamento”, come venne definito quattro anni fa, vinse, anzi stravinse, contro l’allora “standard-bearer” repubblicano John McCain molti furono sorpresi nel vedere stati tradizionalmente ostili al partito democratico tingersi di blu. E a destare stupore furono soprattutto le vittorie risicatissime in quegli stati “del sud” come Florida, North Carolina, Virginia e Indiana vinti grazie ad un grande lavoro di GOTV fra le minoranze (per chi non lo sapesse: GOTV sta per Get Out To Vote). Lo stupore lasciò presto campo alle previsioni pessimistiche di molti analisti i quali si affrettarono a sentenziare: “sarà dura per Obama confermarsi fra quattro anni in questi stati”.
Nessuno è sorpreso quindi nel vedere come, fra i dieci toss-up states che decideranno le elezioni del 6 Novembre prossimo, Romney sia passato in vantaggio e sembra sia espandendo il possibile margine di vittoria proprio nel Sunshine State e nell’Old Dominion (Florida e Virginia ndr). I maggiori sondaggisti sono infatti concordi nel credere, chi più chi meno, che l’Indiana sia oramai un “lock” per i repubblicani, che la North Carolina sia quasi un “pick-up” garantito e che Florida e Virginia, e in misura minore anche il Colorado, si stiano pian piano spostando verso Romney.
Penserete: allora Obama è “doomed” (spacciato), Romney sarà il quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti. Non è proprio così ….
“Quest’elezione è sicuramente diventata competitiva, soprattutto dopo l’ottima prestazione di Romney nel primo dibattito, ma credo che il presidente sia ancora favorito” afferma Larry Sabato, il più famoso politologo statunitense e professore di strategie elettorali all’Università della Virginia, da noi interpellato. “Obama è riuscito a stoppare il momentum di Romney con una solida prestazione nel secondo dibattito, e sta costruendo un firewall nel Midwest”. Ed ecco apparire nuovamente la nostra parola magica: firewall.
Barack Obama può permettersi, a differenza di Romney, di perdere numerosi stati. Il suo margine di vittoria nel 2008 fu talmente ampio che anche uscendo sconfitto in Florida o Virginia avrebbe ancora numerose vie per raggiungere la magica quota di 270 grandi elettori. E la strategia attuale della sua campagna, per ammissione del suo stesso campaign manager David Plouffe, è “circling the wagons around Ohio” (qualcuno, di italiana memoria, direbbe: “resistere, resistere, resistere”). Se è vero difatti che Romney è sull’offensiva, è altrettanto noto come siano proprio gli stati operai del Midwest ad essere, pur in presenza di una recessione che non accenna a terminare, poco propensi a votare per quel milionario che solo qualche mese fa, durante le primarie, affermava la necessità di far fallire quell’industria automobilistica che dà lavoro a gran parte della popolazione in Ohio, Michigan, Pennsylvania e Wisconsin. I sondaggi pubblici mostrano un vantaggio di Obama in questi stati che, pur essendo di pochi punti percentuali, è solido e duraturo.
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[ad]Per quanto il senatore Rob Portman (R-Ohio) si affermi a precisare che “Romney può vincere anche senza il Buckeye State”, sono in pochi a credere che senza i 18 grandi voti in palio a Columbus ci sia un “path to victory” per il candidato mormone, soprattutto considerando che Iowa e Nevada (ma soprattutto quest’ultimo) stiano lentamente, “scivolando” verso Obama. E l’odierno sondaggio di Quinnipiac che dà al Presidente un vantaggio di 5 punti (pur in calo dai 10 di un mese fa) proprio in Ohio potrebbe porre la parola “fine” su una elezione che, non fosse stata per la pessima performance di Obama nel primo dibattito, sarebbe probabilmente decisa già da un pezzo. Certo, c’è un sondaggio di Suffolk che dà i due contendenti alla pari nello stesso stato, ma per citare Stuart Rothenberg, altro famoso politologo americano ed editore del Rothenberg Political Report, “non si può contare sulle loro previsioni, in Ohio Obama è attualmente in vantaggio e senza Ohio, Romney è sconfitto”.
Rincara la dose Charlie Cook, del Cook Political Report, fra i pochi “guru” di politica Americana ad avere accesso ai sondaggi riservati delle due campagne, il quale a precisa domanda risponde: “Il firewall di Obama è solido, e sembra in grado di resistere in Ohio così come in Iowa, Michigan, Pennsylvania e Wisconsin”.
Fra due settimane si andrà al voto, e tutto il mondo avrà gli occhi puntati sull’Ohio, quella terra di operai e minatori che, poco conosciuta e di certo non meta turistica particolarmente ambita, ogni quattro anni ritorna regolarmente ad essere “artefice” del futuro di una nazione. Nel 2004 fu decisivo nel consegnare la vittoria a Bush contro Kerry, come si pronuncerà nel 2012?
Una cosa è certa, se il firewall dovesse cedere dovremo abituarci a pronunciare quelle tre parole: “President Willard (Mitt) Romney”.