Meglio Sanna. Analisi della campagna elettorale sarda.
[ad]Dietro la vittoria di Cappellacci c’è lo stesso uomo che cinque anni fa aiutò Soru nel trionfo sardo contro l’uscente Pili, Gavino Sanna. Pubblicitario, spin doctor di grande esperienza (fece parte dello staff di Richard Nixon nel 1972, aiutò Berlusconi nel 2006), guru prima di Soru (nel 2004), poi di Cappellacci. Fu Sanna l’ideatore di Meglio Soru che male accompagnati, considerata una delle campagne di affissioni più efficaci degli ultimi anni, rispolverata invano da Soru in questa campagna elettorale. Inventò anche lo slogan contro il centrodestra sardo Non è tutto loro quello che luccica. Ma dopo queste grandi campagne in compagnia dell’ex governatore, i due si separarono bruscamente, e Sanna scrisse le sue invettive anti-Soru in un libro, nel quale sottolineava quanto antipatico e grigio fosse il Governatore.
Proprio questi due difetti del leader del centrosinistra sardo sono stati la musa ispiratrice della campagna elettorale di Cappellacci: Sanna ha infatti voluto contrapporre ad un leader autoritario e antipatico, un uomo sorridente e positivo, meno carismatico (la presenza del Premier ad ogni suo comizio serviva in due sensi: politicizzare il voto e ricordare agli elettori che cercavano una leadership forte che, dietro Ugo Cappellacci, c’era Silvio Berlusconi) ma più solare. La Sardegna torna a sorridere è stato infatti lo slogan che ha accompagnato il giovane assessore cagliaritano per tutta la campagna elettorale, ideato dal pubblicitario di Porto Torres: uno slogan un po’ naif ma dal grande impatto, che è servito a costruire l’immagine di un Presidente fiducioso, rassicurante, positivo.
La campagna di Soru invece non ha innovato pressoché nulla. Lo slogan è rimasto quello di cinque anni fa, Meglio Soru, e questa situazione ha prodotto una sorta di sfida “Sanna contro Sanna”. Lo spin doctor di Cappellacci ha replicato con una serie di storpiature dell’originario che meritano una citazione: Peggio Soru, Meglio di Soru… Ma il grande errore di Soru (forse inevitabile) è stata la personalizzazione dello scontro tra lui e Berlusconi. Non ha mai polemizzato con Cappellacci, non l’ha mai riconosciuto come suo avversario, si è sempre rivolto, direttamente, al Presidente del Consiglio. Dimenticando che Berlusconi è, oggi, all’apice della popolarità personale. E sopravvalutando i propri indici di fiducia (prima della campagna elettorale pochi istituti assegnavano a Soru un indice di fiducia superiore al 45%, e gli stessi istituti lo davano perdente contro tutti i candidati al di fuori di Cappellacci, con cui se la sarebbe giocata alla pari), la propria immagine: è vero che è considerato un amministratore capace, ma è anche vero che la gente lo vede grigio e autoritario. Penso infatti che questa vittoria schiacciante di Cappellacci non sia stata una punizione solo per Veltroni, ma anche per lo stesso Soru. E’ vero, ha recuperato con il voto disgiunto quasi quattro punti. Ma, sempre con il voto disgiunto, ha perso molti voti nelle zone rosse sarde: Nuoro, Sassari (dove pure ha raggiunto un ottimo risultato), Carbonia. E, ovviamente, ha perso ovunque decine di migliaia di voti dal 2004. Non li ha persi solo il Pd, li ha persi anche lui. E’ stato probabilmente questo l’errore dei sondaggi alla vigilia: tutti davano fortemente avanti il centrodestra al proporzionale, ma sottolineavano la maggiore forza di Soru rispetto a Cappellacci. Invece probabilmente Soru era più conosciuto di Cappellacci ma non più popolare, e questo dato ha prodotto una sovrastima non indifferente verso il governatore uscente.
Dunque una campagna strana, quella sarda, non lineare, difficile da analizzare, nella quale hanno influito fattori diversi e talvolta contraddittori. Protagonisti un candidato poco conosciuto, ma rassicurante, affiancato sempre dal Cavaliere in persona; un candidato molto conosciuto, autoritario ma capace, più popolare forse in continente che nell’isola; e soprattutto un pubblicitario, un guru della comunicazione, capace di coniare slogan ad effetto per ogni occasione. Oggi, riflettendo a posteriori su questo risultato inzialmente inaspettato, possiamo dire che probabilmente i sardi, in tempo di crisi, cercavano un sorriso.