Movimento 5 Stelle, quale futuro?

Pubblicato il 25 Ottobre 2012 alle 11:36 Autore: Matteo Patané

Con una visione forse nichilista, Eco condanna al fallimento questi movimenti, individuando tre cause principali per motivarne la sconfitta.

[ad]La prima riguarda, indubbiamente, il potere costituito. La Chiesa ha sempre avversato i movimenti di riforma, sopprimendoli sfruttanto l’ascendente che nel periodo medievale l’autorità ecclesiastica poteva vantare sul potere politico – e quindi militare. L’esempio, narrato nel libro stesso di Eco, di Fra Dolcino è forse uno dei casi più significatici di questo fenomeno, e al potere politico propriamente detto non bisogna dimenticare di affiancare l’inquisizione.
Oggi, naturalmente, non sarebbe più possibile una persecuzione ed una eliminazione fisica degli esponenti di una corrente di pensiero, ma è possibile interpretare come autodifesa della “Casta” quelle azioni legislative volte a impedire o comunque rendere più difficile l’accesso al potere da parte di altre formazioni politiche.
Così come nel caso della persecuzione fisica, è la massa critica del movimento a determinare l’esito di questa forma di deterrente: nel caso del MoVimento 5 Stelle, le percentuali di consenso raggiunte, sia a livello locale sia a livello nazionale, mettono relativamente al sicuro la formazione grillina da un epilogo repressivo di questo genere.

La seconda delle ragioni di possibile fallimento di un movimento di riforma, spesso usata come arma nella persecuzione fisica e politica ma valida anche in se stessa, è la compenetrazione tra i movimenti: come narra Eco, non era raro trovare dolciniani al seguito dei valdesi, catari assieme ai flagellanti, patarini assieme agli umiliati. Per i poveri, i cosiddetti “semplici”, qualsiasi movimento di protesta era fonte di attrazione, e spesso i dispersi di un’eresia soppressa finivano con l’aggregarsi ad un altro movimento.
Tutto ciò forniva buon gioco agli inquisitori, in grado di presentare l’eresia come un unico mostro a più teste, in grado di proporre tutto ed il contrario di tutto; da un lato diventava più facile contrastare un movimento accusandolo di posizioni dottrinali assolutamente non sostenute ma proprie di altre correnti in cui in passato ne militavano gli esponenti, e dall’altro era più difficile per un qualsiasi movimento riformatore, così impregnato di persone delle più disparate provenienze, assumere una forma ed una direzione coerenti.
Anche oggi una situazione analoga, con i dovuti accorgimenti, è possibile. Sebbene una più efficiente diffusione dell’informazione abbia drasticamente ridotto le correnti di pensiero, i transfughi ed i camaleonti della politica sono figure tristemente numerose, e la loro semplice presenza in un partito può da un lato fungere da deterrente per i potenziali elettori, e dall’altro ne può condizionare in maniera anche rilevante l’azione politica.
Il MoVimento 5 Stelle, sotto questo aspetto, pare aver tenuto in debita considerazione le lezioni impartite dalla storia, e con un atteggiamento di chiusura piuttosto estremo è riuscito con rare eccezioni a proporre candidati sempre privi di esperienze politiche presso altri partiti.
Al tempo stesso, la dittatura di pensiero da parte della coppia Grillo / Casaleggio riesce a fornire una linea incontrastata al partito mettendolo al riparo delle inevitabili deviazioni che nuovi simpatizzanti provenienti da altre formazioni politiche tendono a imporre… si può anzi dire che il MoVimento Cinque Stelle viva in questo momento proprio il problema opposto, un problema di democrazia interna e di scarsa rappresentatività dei militanti.

L’ultimo tema sollevato da Eco è forse il più insidioso, e viene affrontato esaminando il successo avuto dal francescanesimo. Divenuto troppo potente e popolare per essere affrontato frontalmente, è stato canonizzato dalla Chiesa, incanalato in un ordine costituito. Questa sua cristallizzazione ne ha vincolato i movimenti, rendendolo meno vicino alle istanze della gente comune, con il risultato che, pur drenando parte del malcontento fino a quel momento sciolto in mille rivoli eretici, si è alla lunga dimostrato incapace di svolgere al meglio la sua funzione riformatrice, perdendosi in mille compromessi formali spesso nemmeno compresi dai semplici fedeli.
Questo, al momento, pare più di ogni altro il vero rischio per il MoVimento 5 Stelle: una istituzionalizzazione politica che ne inaridisca il percorso di rinnovamento della politica che oggi costituisce la sua ragione di essere.
Paradossalmente, è proprio la vittoria politica, la discesa dall’assolutismo di un‘opposizione intransigente alla quotidianità del governo, la continua e costante mediazione da ricercare tra forze sociali contrapposte, che rischia di ingessare e far perdere al MoVimento la sua stessa ragione di essere, impedendogli di convogliare quel malcontento sociale che oggi sa intercettare così bene e frammentandolo in mille rivoli sotterranei più o meno agitati e violenti – fino a che non nascerà una nuova forza in grado di raccogliere, ancora una volta, gli emarginati della politica.
Ad oggi, il maggior nemico del MoVimento 5 Stelle, come sta anche insegnando l’esperienza di governo a Parma, rischia di essere il suo stesso successo.

L'autore: Matteo Patané

Nato nel 1982 ad Acqui Terme (AL), ha vissuto a Nizza Monferrato (AT) fino ai diciotto anni, quando si è trasferito a Torino per frequentare il Politecnico. Laureato nel 2007 in Ingegneria Telematica lavora a Torino come consulente informatico. Tra i suoi hobby spiccano il ciclismo e la lettura, oltre naturalmente all'analisi politica. Il suo blog personale è Città democratica.
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