Finlandia, alle Comunali vincono l’astensionismo e l’antieuropeismo
[ad]Le sorprese sono queste. Il resto è andato più o meno secondo previsione. Nessun ribaltone dell’ultimo minuto. I laburisti non sono stati in grado di insidiare il Partito di Coalizione Nazionale, nonostante tra i due il divario sembrava essersi assottigliato a ridosso del voto. In uno degli ultimissimi sondaggi condotto dalla Gallup e pubblicato dall’Helsingin Sanomat, i due maggiori partiti erano dati appaiati: 20,7% per i conservatori, 20% per i laburisti. Qualcuno aveva azzardato un sorpasso. Che non c’è stato: “Alla fine le cose non sono andate così bene come avevamo sperato” ha dichiarato Jutta Urpilainen, leader dei socialdemocratici. Parole diverse quelle spese dal premier Katainen: “La gente ha dimostrato in queste elezioni che i valori che rappresentiamo sono quelli di cui si ha bisogno quando si vuole costruire il futuro”.
Il governo ne esce sostanzialmente bene. Perché se è vero che erano elezioni locali, la situazione economica – nazionale e internazionale – ha condizionato l’esito delle urne. La disoccupazione in Finlandia è leggermente aumentata rispetto all’anno scorso: da 6,9% a 7,1%. Una variazione minima, ma comunque in crescita. Peggio va ai giovani: come scritto dall’Yle pochi giorni fa, oltre il 10% degli under 25 è senza impiego. A temi come questi si sono aggiunti il dibattito sull’assistenza sanitaria, sui servizi sociali, sulle tasse, sulla carenza di finanze a disposizione dei comuni. Tutto condizionato dal quadro economico internazionale. Sullo sfondo – ma neanche tanto – c’è infatti la crisi dell’euro: a riprova che quest’anno in Finlandia argomenti locali e non solo si sono mescolati per bene. Secondo un sondaggio, una buona metà degli elettori ha fatto la propria scelta pensando anche alle incertezze della moneta unica e ai piani di salvataggio per i paesi indebitati. Timo Soini ha costruito la fortuna del proprio partito battendo sul tasto dell’antieuropeismo; il Partito di Centro ha abbracciato posizioni simili ormai da diversi mesi: ma chi si aspettava dalle elezioni di domenica la sollevazione di un’onda anti-europeista in Finlandia allora sarà rimasto deluso.
Gli scenari si fanno dunque meno bui di quanto si poteva pensare. Ma le incognite restano. Katainen incassa una riconferma pur vedendo scendere il consenso nei propri confronti; i socialdemocratici si scoprono ancora in ritardo; i centristi escono bene dal voto e i Veri Finlandesi non mettono a segno il colpaccio. La competizione all’interno degli schieramenti – sia di governo che di opposizione – si giocherà sulle contrapposizioni tra questi quattro partiti. La leadership dell’opposizione continueranno a contendersela Veri Finlandesi e Partito di Centro. Dall’altra parte, nell’esecutivo, potrebbero aprirsi nuove prospettive. Perché non è da escludere, ad esempio, che i laburisti (forse i veri perdenti di questa tornata elettorale) possano decidere d’ora in avanti di assumere un atteggiamento più aggressivo, marcando di più le loro politiche. E siccome parliamo del secondo partito di governo la cosa potrebbe essere non priva di conseguenze.