Referendum, quorum a rischio. Ecco il perché
I quesiti del referendum elettorale. Si vota domenica 21 giugno dalle 8 alle 22 e lunedì 22 giugno dalle 7 alle 15.
L’ultimo referendum a chiamare alle urne più del 50% degli aventi diritto fu quello costituzionale – che non richiedeva il quorum – nel giugno 2006. Prima di allora, nel 2000 la consultazione sull’abolizione della quota proporzionale del Mattarellum andò oltre il 49 per cento, ma non raggiunse l’obiettivo.
[ad]Proviamo a capire perché il referendum elettorale di domani e lunedì è a forte rischio: abbiamo 13.724.344 elettori coinvolti nei ballottaggi delle amministrative (Torino, Milano, Padova, Bologna, Firenze, Venezia, Bari e altre località). Se ipotizziamo un 60% di affluenza media a questi ballottaggi, e tenendo conto che un 5% degli elettori possa non ritirare le schede dei referendum, arriviamo a 7.822.876 votanti per il referendum provenienti dai ballottaggi.
Gli elettori chiamati alle urne solo per il referendum, e quindi non coinvolti nei ballottaggi, sono 36.810.383, in Italia e all’estero.
Il quorum per il referendum è 25.267.364 voti, cioè il 50% + 1 dei 50.534.727 aventi diritto complessivi. Questo vuol dire che, sommando ai 7.822.876 dei ballottaggi, servono 17.444.487 votanti ‘espressi’ (cioè persone che vanno a votare solo per il referendum, non avendo ballottaggi).
Ne consegue che, se i ballottanti votano al 60%, deve andare a votare il 47,4% degli aventi diritto che non hanno ballottaggi, tra Italia e estero, per far raggiungere il 50% + 1 alla consultazione referendaria.
Considerando la data (giugno avanzato), la scarsissima copertura mediatica sui quesiti referendari e il modesto impegno profuso dai partiti – condizionati da alleati (vedi PDL) o concentrati sulle amministrative (vedi PD) – appare difficile (ma, certo, nulla è impossibile) che la consultazione promossa da Guzzetta possa avere esito positivo. Un fatto che invita a riflettere sulla possibilità di abolire, o ridurre drasticamente, la soglia del quorum e contemporaneamente a innalzare robustamente il numero di firme necessarie per presentare un quesito. Visti i pochi strumenti di partecipazione diretta presenti in Italia, ci sarebbe anche da pensare all’eventualità di introdurre referendum propositivi; o sull’accorpamento con gli altri appuntamenti elettorali ravvicinati.