[ad]Domenica 28 ottobre si è ufficialmente aperta con le regionali siciliane la lunga stagione di appuntamenti elettorali che culminerà – salvo brusche interruzioni di legislatura – con le elezioni politiche dell’aprile 2013. Ha vinto, come noto, Rosario Crocetta, candidato di PD e UdC, che porta per la prima volta la regione a sinistra nella storia repubblicana. Ha tuttavia vinto senza raggiungere una maggioranza autosufficiente in Consiglio, fattore che lo obbligherà ad un governo di minoranza oppure a cercare alleanze al di fuori della coalizione a suo sostegno. Questo insieme di fattori rende le elezioni siciliane un evento di notevole complessità, che deve essere analizzato nel dettaglio.
La Sicilia, come è noto, è sempre stata una regione orientata a destra, un bacino di voti spesso determinante per il successo della DC nella Prima Repubblica e di FI e poi PdL nella Seconda.
È sicuramente passato alla storia il clamoroso 61 a 0 con cui il centrodestra si impose nel 2001, ma forse ancora più significativa fu la vittoria di Salvatore Cuffaro su Rita Borsellino nel 2006, che dimostrò come la coalizione conservatrice riuscisse ad essere maggioritaria in regione malgrado a livello nazionale il centrosinistra fosse in uno dei suoi momenti di maggior brillantezza.
Nel 2008 Raffaele Lombardo, candidato di centrodestra, prevalse con percentuali bulgare sulla candidata del centrosinistra Anna Finocchiaro, raggiungendo la maggioranza assoluta in tutte le province siciliane spaziando dal 53% di Enna, la provincia più rossa o per meglio dire meno azzurra, fino a superare il 70% a Catania.
Cartogramma delle elezioni regionali 2008 |
Come è noto, quattro anni sono un’eternità, quando è in gioco la politica, e queste elezioni 2012 ne sono la prova a tutti gli effetti.
Scomparso infatti il dualismo tra centrodestra e centrosinistra, sono quattro, tra i dieci candidati alla presidenza della regione, ad avere avuto le luci della ribalta, e, fino al momento dei primi exit-poll, la speranza di accedere al massimo seggio di Palazzo d’Orleans. Una situazione dunque molto incerta e fluida, in questo valido specchio della politica nazionale.
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[ad]Le fratture maggiori si sono avute nel centrodestra: la vasta coalizione che nel 2008 aveva sostenuto Lombardo appare oggi divisa, con il tronco principale, formato dal PdL, impegnato con Musumeci, una frangia ribelle a sostegno di Micciché e addirittura l‘UdC in coalizione con il PD a sostegno di Crocetta.
Cambiando sponda, nemmeno a sinistra è stato possibile trovare un candidato unitario: IdV e SEL hanno infatti scelto di non appoggiare Crocetta e fare una corsa in solitaria; la loro corsa è però stata compromessa dal pasticcio legato alla mancata candidatura di Fava e alla sua repentina sostituzione. L’impressione di inefficienza e disorganizzazione fornita in quel frangente, unita alla figura comunque di ripiego scelta per la corsa alla presidenza hanno inevitabilmente penalizzato la coalizione di sinistra, a favore del candidato di PD e UdC.
In questo scenario già di per sé piuttosto complesso si innesta il MoVimento 5 Stelle, che dopo il trionfale tour di Grillo nelle principali città dell’isola arrivava all’appuntamento elettorale con concrete ambizioni di governo.
Il voto di domenica 28 ottobre, tuttavia, sancisce come vincitrice assoluta l’astensione: la percentuale di affluenza, infatti, si è attestata ad un modesto 47%, circa il 19% e 800.000 elettori in meno rispetto al 2008. Si tratta di una percentuale enorme, che mostra una disaffezione dalla politica ormai a livelli patologici e induce ad una prima, fondamentale riflessione: il numero dei votanti è precipitato malgrado la presenza di forze di protesta come il MoVimento 5 Stelle e il Movimento dei Forconi; anzi, le percentuali di affluenza sono state più basse proprio nelle province occidentali, in cui i grillini hanno ottenuto le proprie prestazioni migliori.
Ciò ha implicazioni molto pesanti e lascia indendere come ormai nemmeno più Grillo, malgrado gli slogan in tal senso, sia più in grado di riavvicinare la gente comune alla politica; lo scollamento tra cittadini e istituzioni non riguarda più, ormai, i politici o la classe politica nel suo complesso, ma si estende alle stesse forme di espressione democratica. La politica, sempre di più, viene vista come il problema e non come lo strumento con cui i problemi devono essere risolti.
Confronto affluenza elezioni regionali 2012 – elezioni regionali 2008 |
Risultati elezioni regionali 2012 dettaglio per provincia |
Passando dall’area del non voto a quella del voto, emerge in primo luogo il successo di Rosario Crocetta, un successo che per il centro-centrosinistra appare al tempo stesso esaltante e insoddisfacente. A parte la brevissima parentesi 1998-2000, infatti, è la prima volta che un esponente dell’area progressista si ritrova alla guida dell’isola. Ha ragione Bersani a considerare storico il risultato ottenuto, ma proprio questa definizione esprime al meglio tutti i limiti del centrosinistra nella politica regionale. Crocetta, infatti, non ha ottenuto la maggioranza necessaria a governare (39 consiglieri su 90), e ora dovrà quindi scendere a patti con altre forze politiche per raggiungere la soglia dei 46 deputati necessaria alla formazione di un governo stabile. Se persino questa condizione minimale di vittoria è storica, si comprende appieno quanto la Sicilia fosse e sia ancora un territorio difficile per il centrosinistra.
Legata a doppio filo con l‘anatra zoppa di Crocetta c’è la sconfitta di SEL e IdV, che hanno fatto una corsa solitaria e fallimentare: le due formazioni si fermano sotto la soglia minima della rappresentanza in consiglio regionale, facendo di fatto sparire la sinistra vera e propria da Palazzo dei Normanni. Una scelta politica tecnicamente fallimentare, intrapresa per non voler intraprendere un’alleanza con l’UdC ma che ha avuto come esito l’assenza di quella maggioranza all’ARS che il 6% della Marano avrebbe potuto portare in dote a Crocetta e soprattutto una voce di vera sinistra nella coalizione vincente, ora decisamente più sbilanciata al centro.
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[ad]Il vero sconfitto della tornata elettorale è il PdL, che scende dal 48% dei tempi d’oro ad un misero 12% e perde la presidenza dell’isola. La débacle del partito di Alfano – che da agrigentino giocava persino in casa – è totale e assoluta, e non è nemmeno possibile per il centrodestra puntare il dito contro la scissione di Micciché, se si pensa che furono proprio i vertidi del PdL locale a scatenare tale profonda divisione nel centrodestra. La sconfitta è, nell’entità, senza appello.
Il candidato del MoVimento 5 Stelle, Cancelleri, infine, ottiene un dignitoso terzo posto, dietro a Crocetta e Musumeci ma davanti a Micciché, dimostrando come questa formazione abbia ormai raggiunto un livello di consenso tale da permetterle di gareggiare alla pari con i partiti maggiori. Inoltre è da osservare come il voto disgiunto abbia abbondantemente premiato il candidato a 5 Stelle rispetto alla sua stessa formazione, segno che ormai la formazione grillina è vista non solo come movimento di protesta o di controllo, ma come reale alternativa di governo. Un segnale decisamente importante anche in vista dei prossimi appuntamenti elettorali.
Risultati dei principali partiti alle elezioni regionali 2012 dettaglio per provincia |
Il MoVimento 5 Stelle diventa primo partito dell’isola, con poco meno del 15%, staccando il PD fermo al 13,5% e il PdL fermo a pochi decimali dal 13%. Il risultato ha sicuramente una portata rilevante guardando alla percentuale ottenuta (si stima che un 15% in Sicilia possa facilmente tramutarsi in un 20% nazionale), ma confrontare partiti che seguono differenti strategie di coalizione è quantomeno azzardato: il MoVimento 5 Stelle, come noto, corre da solo a non si appoggia a liste civiche di alcun tipo, mentre gli altri candidati maggiori avevano una pluralità di liste a loro sostegno, tra cui diverse liste civiche quando non personali, liste che naturalmente non apparirebbero alle elezioni politiche.
Leggendo quindi meramente i dati dei partiti il M5S è il primo partito siciliano, ma già conteggiando i voti della lista civica per Crocetta dividendoli tra PD e UdC renderebbe i democratici prima formazione… stilare una classifica, in tali condizioni di voto, è un esercizio di stile che ciascuna formazione potrà applicare per portare acqua al proprio mulino, senza alcun reale riscontro.
Cartogramma dei risultati di M5S, PD, PdL e UdC alle elezioni regionali 2012 – dettaglio per provincia |
Un ultimo spunto di analisi, infine, può arrivare dalla ripartizione geografica dei voti. Come emerge dal cartogramma, vi sono alcune importanti correlazioni tra i risultati dei principali partiti, che evidenziano quali siano i bacini elettorali ad oggi contrapposti.
Catania e Agrigento si confermano la provincia più a destra, e infatti sia PdL sia UdC qui raggiungono le loro prestazioni migliori. Il MoVimento 5 Stelle ottiene i suoi risultati più eclatanti a Trapani e Ragusa, mentre il PD fa il pieno di voti a Messina ed Enna.
Al tempo stesso proprio Messina e Agrigento sono le province dove il M5S fa peggio, mentre il PdL stenta a Caltanissetta e Siracusa e l’UdC a Enna e Ragusa; il PD, infine, ottiene i suoi peggiori risultati a Catania e Agrigento.
Come si vede dalle numerose province ripetute, si delinano vere e proprie sfere di influenza che delineano tutto sommato uno scenario di relativa stabilità. Appare significativo soprattutto come PdL e UdC abbiano più o meno la stessa distribuzione geografica del voto, fattore che evidenzia quanto le due forze fossero fino a poco tempo fa apparentate e la somiglianza che tuttora pervade i due elettorati.
È rilevante anche l’exploit del PD a Messina, dove supera il M5S diventando primo partito, senza che quei valori siano nemmeno lontanamente avvicinati nelle altre province, nemmeno quelle storicamente più di sinistra come Enna e Caltanissetta.
Alla frammentazione politica corrisponde una vera e propria frammentazione geografica, e la strada di governo appare per Crocetta quantomai impervia e irta di ostacoli. Con una sola certezza: con risultati come questi, con tre/quattro poli che ormai si equivalgono, il bipolarismo è ormai morto, e nulla potrà più essere come negli ultimi venti anni.