Le conseguenze delle presidenziali sul destino della Corte Suprema
[ad]Memorabile fu il discorso nel quale Edward “Ted” Kennedy, “il leone del Senato”, si oppose alla nomina di Bork affermando: “L’America di Robert Bork è un’America dove le donne sarebbero costrette agli aborti clandestini, dove le persone di colore sarebbero ancora segregate, dove la polizia avrebbe il diritto di fare irruzione nelle abitazioni dei nostri cittadini senza alcun mandato, dove agli studenti sarebbe vietato insegnare la teoria dell’evoluzione e dove scrittori e artisti potrebbero essere censurati dal Governo. Il Presidente Reagan è ancora il nostro Presidente ma non deve né può essergli permesso di imporre la sua visione estremista della costituzione sulle prossime generazioni di americani”. Questo discorso, e la successiva bocciatura della nomina per 58 a 42, entrò nella storia col termine “borking Bork” e da allora la parola “borking” indica l’opposizione da parte di un senatore alla nomina di un giudice alla Corte Suprema.
Che dire invece della reazione degli scolari progressisti quando giornali e televisioni prospettarono una nomina da parte del Presidente George Bush Junior dell’allora ministro della Giustizia, e altro esponente neoconservatore, Alberto Gonzales. Patricia Ireland, famosa esponente del femminismo americano, arrivò ad affermare: “Il presidente Bush vuole dividere ancora di più una già divisa Corte Suprema”.
Recente è invece la reazione di noti esponenti conservatori alla nomina da parte di Barack Obama di Sonia Sotomayor e Elena Kagan, ma in particolare di quest’ultima, esponente liberale dell’università di Harvard. “Il Presidente Obama non cerca empatia, professionalità o capacità in un candidato alla Corte Suprema, l’unica cosa che gli sta a cuore è che sia un ardente esponente dell’estrema sinistra” disse lo stratega conservatore Karl Rove.
Il 6 Novembre gli americani saranno chiamati al voto. Ma non decideranno solo chi sarà il loro presidente per i prossimi quattro anni, decideranno che cammino intraprenderà la nazione per decenni a venire.