Per l’Italia dei Valori è giunta l’ora della resa dei conti. Una resa dei conti che – se verrà confermata la piega presa ieri con le dichiarazioni di Di Pietro, Donadi, Pardi (e Grillo) – somiglierà più che altro al de profundis del partito stesso.
La seconda repubblica, è evidente, volge al termine, e con essa i partiti che l’hanno costruita e caratterizzata: il clima di destrutturazione coinvolge sostanzialmente buona parte dell’arco parlamentare: la Lega ancora non ha deciso se candidarsi alle elezioni politiche; il Pdl – i cui valori sono dimezzati rispetto alla portanza del partito nelle precedenti elezioni – prova a rilanciarsi [ad]con Primarie che il suo fondatore e finanziatore si rifiuta di pagare; l’UdC sembra rivitalizzata dalla vittoria in Sicilia ma il ruolo che giocherà alle prossime elezioni non è chiaro; la sinistra ha adottato in Sicilia la stessa strategia di quattro anni fa a livello nazionale, ed i risultati sono stati gli stessi; il Pd affronta delle primarie da cui – lo pensano in molti – non uscirà nello stesso modo in cui vi è entrato. A questi si è aggiunto l’IdV, che il suo stesso leader ha dichiarato “defunta”, dopo il “killeraggio mediatico” seguito al servizio di Report.
Ed in effetti, per il movimento dipietrista gli ultimi giorni sono stati segnati anche da un confronto molto aspro in seno all’ufficio politico, confronto che ha portato lo stesso ufficio a convocare un’assemblea in dicembre per organizzare il congresso subito dopo le elezioni. Chi avrebbe però dovuto sfidare l’ex pm per la guida del partito non era chiaro: nessuno tra i principali esponenti del movimento sembrava interessato alla contesa, né Luigi De Magistris, che divenuto sindaco di Napoli ha cominciato a pensare “in grande”, ad un nuovo movimento dei sindaci, né Barbato, interessato a flirtare con i “pirati”, né Donadi, che nell’ufficio politico è rimasto isolato nel chiedere un congresso straordinario ed un riavvicinamento col Pd.
Tutto questo mercoledì. Perché novembre invece si è aperto con l’intervista del fondatore del partito Antonio Di Pietro al Fatto Quotidiano, in cui l’Idv è stata dichiarata morta, incapace (per decisone altrui, ben inteso) di entrare nel prossimo Parlamento, e quindi destinata a ripartire dall’opposizione. Da fare con Grillo, di cui si dice estimatore. Lo stesso Grillo che in giornata lo “candida” al Quirinale, persona onesta e unico vero antiberlusconiano del Parlamento.
Tra i due – Di Pietro e Grillo – i rapporti politici sono sempre stati abbastanza buoni, ad eccezione delle rare volte in cui l’IdV tentava di ricucire con il Pd. A questo punto, a detta di molti, l’alleanza potrebbe essere siglata.
Chi non ci sta è Donadi, il numero 2 del partito, che da tempo invita il partito a ritarare la propria proposta politica ed avvicinarsi al Pd. Così, anche lui attraverso un’intervista, ha lanciato la sfida al capo: subito un’assemblea di autoconvocati, ma nell’IdV non c’è più spazio per entrambi. Quale sarà il destino di Donadi ed i suoi, se troveranno spazio nella coalizione Pd-Sel-Psi, non è dato sapersi, di sicuro trovano conferma quanti davano per certa l’implosione dell’IdV al venir meno del nemico Berlusconi.