Dal blog: chi c’è dentro il Movimento 5 Stelle?
Si addensano malumori e certezze (negative) quando si parla di Movimento Cinque Stelle, coabitano grandi speranze, qualche dubbio e un’intensa voglia di incidere laddove se ne fa parte o si ha intenzione di votarlo.
[ad]La premessa doverosa a questo articolo è in accordo con la mia correttezza: sono un attivista, simpatizzante o qualcosa del genere del Movimento Cinque Stelle, e tutto quello che sarà scritto non potrà che essere tarato senza prescindere da questa confessione. Ad ogni modo la volontà di essere laici nel discorrere di Movimento, Grillo e annessi sarà (o almeno vorrà essere) rispettata da chi scrive, sperando di conservare quel minimo di onestà intellettuale che, a torto o a ragione, credo fortemente e umilmente di possedere.
Non v’è dubbio che il Movimento non sarebbe nato se l’Italia fosse stata un Paese in salute. Alle critiche di molti che sostengono che il Movimento si alimenta solo perché c’è la crisi e cavalca il malcontento o sobilla gli animi, gli istinti peggiori, si risponde che non cavalca e non sobilla un bel niente ma, certamente, senza la corrente crisi che da ben prima ha colto l’Italia (almeno un quarantennio), le famose cinque stelle non sarebbero apparse nel firmamento politico italiano, a dir la verità piuttosto sbiadito. D’altra parte è gioco facile affermare che tolti lo zar e l’oligarchia russa il marxismo non avrebbe attecchito in Russia, oppure non fosse mai esistito l’apartheid Mandela avrebbe consumato le sue battaglie in un sol giorno o che, senza la dittatura di Fulgencio Battista, Guevara e Fidel avrebbero cominciato la guerrilla da un’altra zona del macrocosmo latinoamericano.
I paragoni appena licenziati sono paradossali, il Movimento non ha assonanze con Lenin, Nelson e il Che, ma servono per esprimere un forte disagio nei confronti di chi cerca di esaurire la polemica rifugiandosi solo nei se, nei ma e in realtà del tutto ipotetiche. “Esistete solo perché c’è la crisi” è un’accusa da considerare blanda e di vago sapore tautologico; sarebbe come dire che la corruzione esiste perché ci sono i corruttori o che i politici rubano perché c’è qualcosa da rubare. In più, esistere a causa di una crisi non è una diminutio ma, semmai, una constatazione reale della crisi stessa e, chissà, l’ammissione implicita che, forse, per questa crisi, l’unico antidoto è rappresentato dal nuovo modo di fare politica che il Movimento propone.
Accusano Grillo e il Movimento di essere qualunquisti, forse scambiando la nettezza e un modus operandi diretto per generalizzazione demagogica. Chi scrive farà un’affermazione determinata che alcuni potranno considerare qualunquistica: l’Italia è al disastro, in termini economici, politici, morali. La sfida a confutare una dichiarazione simile è aperta, tuttavia se qualcuno non consideri vero quanto testé affermato farebbe bene a smettere di leggere poiché, per quanto riguarda chi scrive, non sarebbe sintonizzato sulla frequenza chiamata pianeta Terra e si troverebbe a disagio.
Il qualunquismo, certo. Per mesi si sono sprecati gli accostamenti col movimento dell’uomo qualunque di Guglielmo Giannini (perché Giannini era un uomo di spettacolo come Beppe Grillo?), con certo populismo sudamericano in salsa peroniana, con il socialismo reale; qualche insigne giornalista (Mauro Mazza, Eugenio Sclafari e altri) ha paragonato, senza soluzione di continuità, Grillo alle Brigate Rosse e a Mussolini, addirittura i più audaci si sono spinti fino ad Hitler, Goebbels (mancava soltanto il dottor Mengele). Per esperienza personale chi scrive può testimoniare che, da quando è parte attiva di questo Movimento, di insulti di tale tono e colore ne ha ricevuti a iosa: comunista, fascista, nazista, giustizialista, “non fare il puro”, berlusconiano (sic?), “non avete esperienza”, “la politica si fa così” eccetera.
Giannini e il suo uomo qualunque al grido di “non rompete le scatole” riuscì ad ottenere una trentina di seggi in Assemblea Costituente nel 1946. Andava contro tutto e tutti, ce l’aveva persino con i partigiani e la Resistenza, semmai il Movimento è accusato di essere troppo attaccato a tali valori e alla Costituzione (ne propone l’insegnamento obbligatorio a chiunque abbia un incarico elettivo in un’istituzione). Già l’anno dopo (1947) il prode ribelle Giannini, al grido di “noi contro tutti”, cercava alleanze con la Democrazia Cristiana o il Partito Comunista. Proprio così: come uno Scilipoti qualunque, appunto. Chi scrive si permette il lusso storiografico di entrare in questo gioco delle somiglianze suggerendo un altro movimento che potrebbe essere usato dai detrattori per distruggere le ambizioni dei Cinque Stelle: il poujadismo francese. Si sviluppò negli anni cinquanta difendendo gli interessi dei piccoli commercianti ed artigiani, durò, come si direbbe oltralpe, l’espace d’un matin, anch’esso assorbito dalle forze golliste di governo nel 1958.
(per continuare la lettura cliccare su “2”)