Dal blog: chi c’è dentro il Movimento 5 Stelle?

Pubblicato il 3 Novembre 2012 alle 20:09 Autore: TP Blog
Movimento 5 stelle

[ad]Di certo chi vuole candidarsi con il Movimento può farlo tassativamente per sole due volte, qualunque sia l’assemblea in cui è eletto, proprio per evitare la mummificazione del potere, l’addensamento delle responsabilità nelle mani delle stesse persone per venti o trenta o quaranta anni. Diversamente dall’Italia, sarebbe impensabile vedere in Germania e Inghilterra Tony Blair e Helmut Kohl ancora su uno scranno parlamentare a legiferare.

Spesso viene chiesto il programma al Movimento. Il programma c’è ed è ben visibile, scaricabile, ma soprattutto come per il Non-Statuto è perfettibile, migliorabile. Come? Discutendolo in Rete. Non è redatto da qualcuno che decide per la maggioranza, ma è la maggioranza, se vuole, a poter aggiungere idee, lamentare deficienze, o fornire ampliamenti.Per-una-nuova-democrazia

Il programma partì in Rete con una discussione accessibile a chiunque, a cui parteciparono non solo i barbari demagogici inneggianti al qualunquismo ma, tra gli altri, anche economisti come il premio Nobel Joseph Stiglitz. Si divide in sette parti chiamate nell’ordine: Stato e Cittadini, Energia, Informazione, Economia, Trasporti, Salute e Istruzione.

Si dirà che prevenire l’infiltrazione di personaggi poco raccomandabili è pressoché impossibile. Per esperienza personale chi scrive ha avuto modo di vedere che coloro che si avvicinano al Movimento con finalità di pura utilità personale, come un lavoro o un interesse meramente elettorale, sono i primi ad andarsene quando si rendono conto che durante i meetup si discute solo ed unicamente di problemi reali senza l’ossessione della campagna elettorale, la logica cancerosa che ha ridotto anche il partito più sano, composto da valenti e onesti signori, in una putrescente macchina elettorale.

Si è solo all’inizio. Il Movimento presenta ancora meccanismi poco oliati di selezione dei candidati, probabilmente è ancora acerbo per governare un Paese intero (d’altra parte i partiti hanno dimostrato di non saperlo fare) ma la cosa che deve essere chiara è che la sua sfida è solo parzialmente tesa alla tenzone elettorale. La vera partita è quella per il miglioramento della democrazia che langue, a dir la verità, in tutto il mondo. Si vive in attesa del’ultimo rapporto di una troika non eletta, si aspettano notizie dalla televisione, si attende come gli indigeni del colonnello Kurtz il responso del leader, il Movimento, e questa è la ragione per cui chi scrive ne fa parte, vuole permettere a chi ha una voce inascoltata, una posizione di seconda fila, di incidere nella società in cui vive, per il presente e, soprattutto, per il futuro quando l’istituto “partito” sarà scomparso per esaurimento e mancanza di senso. Siamo dentro l’embrione di un nuovo secolo e la democrazia, per sopravvivere, dovrà fare i conti con nuove forme di rappresentazione e, specialmente, di collegamento tra cittadino e decisioni.

[Articolo pubblicato da Jeremy Bentham per l’Undici]