Siamo arrivati. La fine degli 8 giorni d’inferno nella corsa ai punti della Serie A si chiude sabato e domenica. E si chiude con il botto. C’è il derby d’Italia (i milanisti se ne facciano una ragione, anche perché questa dicitura non è nata in virtù di sbandierati record o di assenza di retrocessioni sul campo, ma, più semplicemente, dalla penna di Gianni Brera agli inizi degli anni sessanta, a sottolineare una rivalità eterna). E’ la partita, a due settimane di distanza da Juventus – Napoli che ha visto i bianconeri scacciare indietro i partenopei per la corsa al titolo, che vede di fronte, di nuovo, prima contro seconda.
Juve e Inter sono distanziate di appena quattro punti in classifica, ma le statistiche sembrano a favore degli juventini: in casa i bianconeri, questa stagione, hanno sempre vinto, segnando 12 gol e subendone appena 2. L’Inter, però, non è da meno: in trasferta possono vantare un ruolino di cinque vittorie su cinque, con 11 gol fatti e 1 subito. In compenso, sull’intero campionato, le distanze sono ben più ampie: i bianconeri hanno fatto 2 gol in più, subendone ben 4 in meno dei neroazzurri. Ma provare a leggere Juventus – Inter attraverso i numeri secchi di una stagione sarebbe quanto meno riduttivo.
[ad]Juventus – Inter è la storia delle uniche due squadre italiane che “non sono mai scese in B sul campo”, è la storia di due rivalità sempre esistite, che oggi sono rinvigorite da due sentimenti opposti: da un lato il tifoso nerazzurro è convinto che la Juve abbia in bacheca più scudetti di quanti ne avrebbe meritati realmente (come se arrivare per parecchie stagioni 20 punti indietro in serie A dipendesse da eventi alieni), dall’altro il tifoso bianconero è sicuro che l’intera Calciopoli sia un complotto ordito nelle segrete stanze dove si incontravano le più grandi menti della criminalità sportiva (ai loro occhi), ovvero Moratti e Guido Rossi, e non in quelle, oggi meno segrete, dei vari Moggi, Bergamo & Co. Ma la rivalità va molto indietro negli anni: Juventus – Inter è anche la partita del 10 giugno 1961. Quella partita, non prevista in calendario, era già stata giocata, in parte, nell’aprile dello stesso anno. In classifica, allora, l’Inter inseguiva la Juve con 4 punti di distanza e la partita, come sempre, era sentitissima. Allo stadio Comunale di Torino, però, si presentarono più persone di quanto fosse possibile contenerne e, dopo 31 minuti, l’arbitro decise di interrompere la partita dopo un’invasione di campo. Il regolamento, su quel punto, parlava chiaro e l’Inter ottenne lo 0-2 a tavolino e, dalla giornata successiva fino alla penultima di A, si trovò a pari merito con la Juve. Il 3 giugno, però, la Corte d’Appello Federale stabilì che la partita doveva essere rigiocata, infischiandosene di ogni regolamento vigente. Il presidente Angelo Moratti ringhiò immediatamente contro Umberto Agnelli, allora presidente sia della Juventus, sia della Federcalcio, che, secondo Moratti, era intervenuto per ottenere la ripetizione. Fatto sta che la partita si giocò dopo l’ultima giornata di serie A, con l’Inter, dopo il famosissimo “clamoroso al Cibali” (frase storica inventata da Sandro Ciotti durante quel Tutto il calcio minuto per minuto), che la vide uscire dal campo di Catania per 2-0, non aveva più speranze di raggiungere lo scudetto: in luogo della squadra titolare, schierò la primavera e la partita con i nerazzurri travolti per 9-1, con sei gol di Sivori e il gol della bandiera nerazzurra firmato, su rigore, dalla futura bandiera Sandro Mazzola. Questo è solo uno dei tanti episodi che negli anni successivi si sarebbero ripetuti, fino allo scontro Iuliano-Ronaldo e, a campi invertiti, al gol di Vieri su assist (e calcioni agli avversari) di Toldo. Sabato sarà soltanto (si fa per dire) l’ennesimo capitolo di una lunghissima saga, il primo di Stramaccioni contro Conte.
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[ad]Prima, però, ci sarà l’antipasto, con il Milan (ancora) di Allegri che ospita il Chievo di Corini. Il Milan viene da un pareggio colto in recupero e in trasferta contro il Palermo, possibile segnale di lenta ripresa, dopo un inizio di stagione profondamente negativo. Il Chievo, dopo il cambio di allenatore, ha invece ottenuto due vittorie, un pareggio e un’unica sconfitta per mano del Napoli. Si attende il risveglio definitivo del diavolo, ma i gialloblù vogliono mettere a segno la loro prima vittoria nella San Siro milanista.
Domenica si inizia con una partita che, per l’allenatore del Pescara, è da dentro o fuori. Gli abruzzesi non possono più permettersi passi falsi, ma, soprattutto, non può permetterseli Stroppa, confermato dopo la sconfitta col Chievo, ma mandato in ritiro con il resto della squadra. Di fronte avranno il Parma rinvigorito dopo tre vittorie consecutive su Sampdoria, Torino e Roma. Nell’unico precedente in A, risalente al 1993, gli emiliani vinsero due a zero con gol di Matrecano e Brolin.
Nel pomeriggio le solite 6 partite vedranno di fronte Bologna – Udinese, Catania – Lazio, Fiorentina – Cagliari, Napoli – Torino, Sampdoria – Atalanta e Siena – Genoa, prima del posticipo serale che pone di fronte alla Roma di Zeman, disastrata dopo un inizio di campionato da brividi, il Palermo di Gasperini.
di Fabio Maneri