West Virginia, la Calabria d’America
[ad]E’ fresca la notizia della disposizione da parte del ministro Cancellieri dello scioglimento del comune di Reggio Calabria per contiguità mafiose. L’ennesimo scandalo, attenuato dal fatto che, se della punta dello stivale si tratta, non può che esserci di mezzo la ‘ndrangheta. Ma se nello stereotipo dell’italiano medio la Calabria è purtroppo spesso regione di truffa e malaffare, in quello di un abitante della West Virginia è patria di eroi e onesti lavoratori. E questo non certo grazie alla memoria storica dei Bronzi di Riace: ben più di 50 anni prima del loro ritrovamento, migliaia di calabresi si imbaracarono verso le terre della West Virginia.
Pochi sanno che la più grave esplosione mineriaria della storia degli Stati Uniti avvenne proprio da queste parti, nel lontano Dicembre 1907. Il disastro costò la morte a 362 operai – le vittime di Marcinelle furono esattamente 100 di meno – e, per la stragrande maggioranza, si trattava proprio di immigrati calabresi. A San Giovanni in Fiore in provincia di Cosenza si trova il monumento ai caduti di Monongah, inauguarato nel 2007 da Napolitano. Oltreoceano, forse per simmetria, il monumento è dedicato all’altro eroe tragico di questa vicenda, la vedova dallo sguardo fiero e desolato, con un bambino in braccio e un altro attaccato alla sottana.
Di “Belcastro, Provenzano, Calabretta, Vergara” se ne trovano tantissimi da queste parti. E non si tratta del generico italiano sbarcato a New York che, leggenda vuole, non si chiama Tony perché è il soprannome di Antonio, ma perché – non sapendo la lingua – ad Ellis Island veniva classificato come “to ny”, in arrivo a New York.
In West Virginia tutt’altro, gli Italiani sono orgogliosi e fieri delle loro origini. In nome della riscoperta di un po’ di sano patriottismo, anziché in visita al Quirinale, la gita di fine anno dovrebbe essere dirottata da queste parti.
Il mantenimento delle tradizioni è fortissimo. Partiamo da un classico, quelle culinarie che – ci teniamo a precisare – sono ben lontane da quelle del cake boss Valastro. Una specialità della West Virginia sono i Pepperoni Rolls. Si dice che ad inventarli furono le mogli dei minatori, spinte dalla desiderio di conciliare sapori, nutrimento e necessità di preservare la schiscetta a centinaia di metri sotto terra.
L’onore al merito e alla buona volontà si trova anche in riconoscimenti di varia natura.
Sull’enciclopedia virtuale della West Virginia si legge per esempio che il contributo degli al progresso economico della regione fu molto importante: nel 1924 il minatore Carmine Pellegrino estrasse quasi 70 kg di carbone in un solo giorno e qualche anno dopo Dominic Fish – Domenico Pesce – ne tirò fuori 48 in un giorno e 52 in quello successivo.
Oltre al phisique du role i calabresi d’America si fecero anche notare per una discreta capacità di pensiero, passaporto per una reale emancipazione.
Tra gli Italiani della West Virginia si annoverano oggi professori universitari, imprenditori, medici e – ahimè – politici. A onor del vero, quando di politica si tratta, l’immacolatezza a volte fa cilecca (vedi qui per esempio).
Un altro dato interessante onora il senso di sacrificio e di frugalità degli immigrati che riuscirono a risparmiare all’inverosimile, a tal punto che il Dipartimento del Lavoro Americano ha riconosciuto che i minatori italiani mandarono più soldi a casa di quanto abbia mai fatto qualsiasi altro gruppo di migranti.
L’anno scorso, proprio di questi tempi, Victor Basile è stato nominato Italian Man of the Year. Victor Basile ha pubblicato un libro Italians in West Virginia (Images of America) che documenta come gli emigrati dal Sud, con la loro cultura e le loro tradizioni, hanno segnato e fatto la storia di uno dei più poveri stati americani.
Degno di nota è anche il West Virginia Italian Heritage Festival, giunto alla sua 35esima edizione. Il Festival è ricco di eventi, cultura, musica e premiazioni. Da non perdere per esempio la performance sonora dell’Albano d’America Moreno Fuzzetti o la premiazione della prossima Regina Maria .
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