Primarie, un passo falso?

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Da domenica 4 novembre si è aperta ufficialmente la corsa alle primarie del centrosinistra, da cui dovrebbe scaturire il candidato alla Presidenza del Consiglio di una coalizione progressista che ad oggi comprende PD, SEL e PSI.

[ad]Sono cinque i candidati che si confronteranno in questa tornata elettorale: Pierluigi Bersani, segretario del Partito Democratico, Bruno Tabacci, assessore al bilancio del Comune di Milano, Laura Puppato, consigliere della Regione Veneto, Nicola Vendola, Presidente della Regione Puglia e Presidente di Sinistra Ecologia Libertà, e infine Matteo Renzi, sindaco del Comune di Firenze.

 

Le primarie non sono certamente una novità nel centrosinistra italiano, e dal 2005 ad oggi sono stati numerosissimi gli appuntamenti, a livello locale e nazionale, in cui sono state utilizzate come strumento per l’individuazione di un candidato o direttamente per l’elezione a cariche di partito.
Queste particolari primarie, tuttavia, si differenziano da tutte le precedenti per le numerose novità apportate alle modalità di espressione del voto, che così tante polemiche hanno suscitato nelle ultime settimane.

Come riportato nel sito ufficiale delle primarie 2012, ed in particolare nelle sezioni “come si vota” e “regolamento“, questa volta non sarà sufficiente recarsi alle urne il giorno stabilito e apporre la propria preferenza, ma sarà necessaria una fase precedente di iscrizione ad una sorta di albo elettorale, una pre-registrazione solo attraverso la quale si potrà poi votare realmente.
Come descritto nel portale, la registrazione potrà avvenire negli uffici elettorali preposti oppure direttamente on-line nella sezione dedicata del sito fino al 25 novembre, giorno stesso delle elezioni.

Agli interessati viene richiesto nome, cognome, data di nascita e i dati di residenza dalla regione fino alla sezione elettorale di appartenenza, oltre – ma è facoltativo – all’indirizzo mail e al numero di telefono. Verrà rilsciato quindi un foglio da portare poi al seggio al momento del voto; in caso di registrazione on-line lo stesso foglio verrà fornito in formato pdf.
In realtà, grazie alla possibilità di registrarsi on-line, questa fase supplementare non porta via più di un paio di minuti, ma costituisce un impegno anche gravoso per chi non è a conoscenza o comunque non è in grado di sfruttare una simile possibilità.
Di certo avrà impatti negativi anche rilevanti sull‘affluenza, che per le elezioni primarie è un parametro forse altrettanto importante del nome del vincitore.

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[ad]La seconda novità è il doppio turno: nel caso in cui nessun candidato riesca a raggiungere il 50% dei voti validi si terrà un ballottaggio ad una settimana di distanza dal primo turno, che coinvolgerà i due candidati più votati al primo turno. Anche in questo caso si tratta di un appesantimento delle operazioni, che rischia di creare una stanchezza verso l’impianto in sé e causare un allontanamento dalle urne tra il primo ed il secondo turno.

Entrambe le novità apportate alle primarie del centrosinistra, dunque, paiono essere di ostacolo alla partecipazione, e quindi un atto di sostanziale autolesionismo, così simile ai tanti che i progressisti italiani hanno commesso nel corso degli anni. Eppure l’evidenza del danno, in questo caso, è talmente palese da escludere un peccato di ingenuità o scarsa valutazione delle conseguenze, e richiede un’analisi più approfondita sulle motivazioni che hanno condotto a simili scelte.

Come evidenziano i principali sondaggi, malgrado i candidati siano cinque la corsa per la vittoria pare ad oggi essere appannaggio di due soli concorrenti, Bersani e Renzi, con il primo in vantaggio sul secondo ma con un margine che a seconda della rilevazione sondaggistica appare piuttosto variabile e sicuramente al di sotto dei margini di tranquillità.
Matteo Renzi, con le proprie istanze di rinnovamento – anzi, di rottamazione – e con un programma border-line sul lato destro della coalizione si è ritagliato uno spazio consistente tanto nelle simpatie del popolo di centrosinistra quanto soprattutto nei media, ed è oggi indubbio che una sua vittoria sposterebbe nettamente verso destra l’intero profilo della coalizione progressista.
Le primarie del centrosinistra, come è noto, sono aperte a tutti, e questo include naturalmente anche eventuali elettori di centrodestra delusi dalla propria coalizione che vedono in Renzi un nuovo appiglio per le proprie istanze e le proprie idee. Vi è tuttavia un’implicazione sottesa in questo ragionamento, ovvero che coloro che votano alle primarie votino poi realmente il centrosinistra alle elezioni. Proprio perché questa implicazione si basa sulla buona fede e sull’onestà dei partecipanti, le primarie sono uno strumento di partecipazione democratica estremamente fragile, in quanto non vi è nulla che ne impedisca il boicottaggio, ovvero la partecipazione di persone o movimenti che desiderano lanciare una propria OPA sul centrosinistra, oppure desiderano votare per il canditato che avrebbe meno probabilità di imporsi alle elezioni, oppure, essendo di un’altra parte politica, desiderano semplicemente scegliere il candidato che riterrebbero essere il meno peggio qualora vincesse e approdasse al Governo.
In tutti questi casi è evidente che il candidato che emerge dalle primarie non sarebbe più il preferito degli elettori di centrosinistra, ma una persona scelta da una platea più ampia sulla base di caratteristiche che non sempre risultano essere positive ai fini della vittoria elettorale.
È opportuno precisare che nei precedenti appuntamenti elettorali non sono mai state prese contromisure per questo tipo di boicottaggi, né sono mai emerse notizie di un condizionamento pesante dell’esito delle primarie da parte di formazioni avverse: perché dunque oggi questo timore viene preso tanto sul serio? E le strategie individuate servono davvero a evitare la contaminazione delle consultazioni?

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[ad]In tutte le primarie del passato sicuramente vi erano candidati più moderati e candidati più estremisti, ma è anche vero che – per ragioni storiche e personali – nessun candidato ha mai avuto un contatto diretto con l’elettorato del PdL come Matteo Renzi. Al di là dell’endorsement nientemeno che di Silvio Berlusconi, che può facilmente essere visto come un gioco politico di destabilizzazione delle consultazioni, è vero che Renzi riesce a fare facilmente breccia nell’elettorato di centrodestra e a conquistarne le simpatie.
A rigore, questo non dovrebbe essere motivo di chiusura: i delusi del centrodestra che vogliono partecipare alle primarie sono e devono essere più che benvenuti e incoraggiati alla partecipazione; il problema, o meglio i problemi, si pongono proprio nelle modalità di questa partecipazione, una sorta di cultura delle primarie forse per la prima volta messa a dura prova.
Per persone che si avvicinano per la prima volta al centrosinistra, magari proprio grazie a Renzi, varrà il vincolo di votare centrosinistra indipendentemente da chi vincerà le primarie? In che modo distinguere coloro che votano Renzi perché vorrebbero un centrosinistra disegnato sulle sue idee da coloro che intendono utilizzare Renzi piuttosto come un grimaldello con il solo scopo di destabilizzare o distruggere l’intera coalizione?
Il problema si complica se si tiene conto che agendo come il PD ha scelto di agire si danneggia in maniera preponderante uno dei contendenti, appunto Renzi, al punto far nascere e dar credito alle voci di una vera e propria persecuzione contro il sindaco di Firenze. Da un punto di vista più generale la scelta del PD pare volta a definire in anticipo quella che sarà l’impronta della coalizione, senza lasciare che siano gli elettori a stabilirlo. Viene prima la coalizione o il centrosinistra? Proprio nell’impossibilità di identificare gli elettori di centrosinistra, il PD ha scelto per la prima e non per il secondo.

La formula individuata è efficace? Con ogni probabilità, no. Non lo è perché i reali tentativi di infiltrazione appaiono ad oggi un’eventualità improbabile, ma soprattutto perché regole più complesse e farraginose rischiano di allontanare più il simpatizzante tiepido che il boicottatore convinto. Il registro degli elettori è indubbiamente una proposta sensata, e può realmente costituire quell’anello di persone tra i tesserati e i simpatizzanti a cui ci si riferisce comunemente come popolo delle primarie, ma legare la registrazione alla consultazione è un’idea errata, che porterà la partecipazione a diminuire senza alcuna garanzia di reale controllo dei votanti.

Anche il doppio turno rischia di gettare più ombre che luci su queste primarie: nato dall’esigenza di legittimare maggiormente il leader non consentendo ad un candidato di vincere con meno voti della maggioranza assoluta, pare oggi una regola ritagliata apposta per Bersani, quello più in grado di recuperare dalle terze forze indipendentemente da chi arriverà al ballottaggio con lui. Al di là di questa pur legittima ombra di sospetto resta comunque il fatto che la necessità di una legittimazione a maggioranza assoluta dei voti appare oggi piuttosto labile, mentre la difficoltà di portare alle urne il popolo del centrosinistra per due fine settimana di fila è sicuramente molto più concreta.

Le scelte prese dal centrosinistra lasciano quindi perplessi, almeno ad oggi, e danno adito a dubbi e mormorii sulla reale apertura offerta dalle primarie quando fino ad oggi questo tipo di consultazioni era il fiore all’occhiello dei progressisti. Di per sé si tratta di azioni legittime e persino motivate, ma la loro applicazione è talmente legata ad uno specifico evento da rendere inevitabili le letture più smaliziatamente politiche volte al danneggiamento di alcuni candidati. In realtà, se ad oggi si dovessero tirare le somme, le nuove regole parrebbero avere un’unico scopo: offrire una giustificazione al previsto e inevitabile calo dell’affluenza. Troppo, troppo poco.