Perché serve ancora Obama alla Casa Bianca

Pubblicato il 6 Novembre 2012 alle 16:02 Autore: Giacomo Bottos

Ma la narrativa repubblicana dimentica scientemente che all’origine della crisi non sta certo l’eccessiva spesa pubblica, ma gli squilibri causati dalla deregolamentazione finanziaria. Ed è a questo proposito che si può rivolgere la principale critica ad Obama. Pur avendo effettivamente approvato delle norme che tentano parzialmente di regolare il settore,  il presidente in carica ha peccato per mancanza di coraggio quando ancora c’era il clima opportuno per intervenire. Non aver approvato, ad esempio, una norma paragonabile al Glass-Steagall Act, la legge che, dopo la crisi del ’29 sancì la separazione tra banche di deposito e banche di investimento è qualcosa che certamente può essere imputato a Obama.

Ma proprio sotto questo punto di vista, è evidente che Romney non è la persona che può correggere gli errori di Obama. Con una storia di amministratore di hedge fund ed una impressionante raccolta di fondi presso l’industria finanziaria, è evidente che il candidato repubblicano si propone come il difensore di certi interessi, mentre Obama, proprio per il mancato sostegno ricevuto da certi ambienti, potrebbe mettere in campo nel suo secondo mandato un’azione più incisiva.

[ad]Inoltre Romney potrebbe condurre l’America verso un nuovo isolazionismo, proprio in un’epoca in cui ci sarebbe bisogno di soluzioni collaborative e concertate per uscire nella maniera meno traumatica dalla crisi globale. Visti i disastri che stanno producendo in Europa, i punti di vista miopi e orientati all’interesse nazionale di breve periodo, non possiamo certo augurarci altrettanto da parte degli Stati Uniti.

Obama non ha forse corrisposto alle grandi aspettative che la sua elezione aveva sollevato. Ma forse si tratta per l’America di approdare a un nuovo realismo, comprendendo che in un mondo complesso e multipolare non c’è più spazio per pretendere che la propria visione del mondo e le proprie aspettative possano immediatamente diventare realtà in virtù di un’idea dell’eccezionalismo americano di cui il mondo ha in parte beneficiato, ma di cui ha anche talvolta pagato le spese.

Negare questo in virtù di una rappresentazione fantasiosa della realtà, come fa ad esempio il Tea Party, non porterà l’America a recuperare il suo ruolo del passato. In compenso però infliggerà al mondo nuove e inutili sofferenze.

L'autore: Giacomo Bottos

Nato a Venezia, è dottorando in filosofia a Pisa, presso la Scuola Normale Superiore. Altri articoli dell’autore sono disponibili su: http://tempiinteressanti.com Pagina FB: http://www.facebook.com/TempiInteressanti
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