[ad]Quando, durante l’intervista nell’ultima puntata di “Che tempo che fa”, si è toccato l’argomento “riforma della legge elettorale”, il leader dell’UdC Casini ha spiegato che la necessità di riformulare il premio di maggioranza nasceva dalla considerazione che l’attuale legge – la Legge Calderoli – nasceva in un momento in cui i due schieramenti principali rappresentavano la quasi totalità dell’elettorato, ragion per cui un premio di maggioranza al 54% poteva considerarsi legittimo per il vincitore. Si sarebbe trattato del 5-10% in più dei voti effettivamente presi.
In un sistema che si preannuncia frammentato, dove la coalizione che con buone probabilità vincerà le elezioni del prossimo aprile difficilmente raggiungerà il 40% dei consensi, un simile premio può distorcere di molto la rappresentatività dell’Assemblea, in nome di una governabilità che si può raggiungere anche per via parlamentare.
Questo il concetto espresso da Casini, che nel 2006 fu tra gli autori della Legge elettorale in vigore, e che in questo periodo, come gli ex alleati, sta lavorando ad una riforma che dovrà modificare la “regola del gioco” della competizione politica, come sette anni fa “a colpi di maggioranza”, come si usa dire.
Come abbiamo avuto modo di dire altre volte, la Bozza Malan prevede un premio elettorale del 12,5% alla coalizione vincente, cosa che renderebbe le prossime elezioni scarsamente decisive, nella determinazione del nuovo governo, aprendo di fatto le porte ad un Monti bis con buona pace delle primarie, di centrosinistra e del Pdl.
Oggi, due emendamenti sono stati approvati in commissione: uno a firma Rutelli, vincola il premio di maggioranza alla coalizione che raggiungerà il 42,5% dei consensi, uno a firme Pdl che porta da due a tre le preferenze possibili.
Nel primo caso, guardando alle ultime medie sondaggi pubblicate dal Tp ed alla tendenza in corso, è evidente che raggiungere quella soglia per il centrosinistra sarà oggettivamente ostico, ed impossibile per ogni altra coalizione (rebus sic stantibus). Se l’emendamento approvato in commissione dovesse effettivamente esser parte della futura legge elettorale, e se non si trovassero “compensazioni” nei casi in cui la soglia del 42,5% non sia raggiunta, il compito di formare maggioranze in grado di governare sarebbe demandato del tutto al Parlamento – come prevede la carta costituzionale, ma come la Seconda Repubblica ci ha disabituati a considerare.
Il secondo emendamento riporta a tre le preferenze che ogni elettore potrà esprimere, come avveniva fino al referendum del 1991. I primi firmatari sono Gasparri e Quagliariello, e si potrebbe leggere in controluce l’obiettivo di limitare il peso futuro delle “amazzoni” berlusconiane nel prossimo Parlamento: se con la prima versione della Bozza Malan, era prevedibile l’elezione di un numero tendenzialmente pari di uomini e donne per ogni singola lista, ora tale proporzione potrebbe tendenzialmente scendere a un terzo di donne e due di uomini.
La discussione sarà ancora lunga, e non è escluso che non intervenga anche lo stesso Governo, come lasciato intendere dal Premier Monti, nel caso in cui i partiti procedessero con lentezza nel principale dei compiti loro assegnati in questo ultimo scorcio di Seconda Repubblica.