Caucaso, interminabile palcoscenico di guerra
Il Caucaso, si sa, è regione impervia. Impervio è il suo territorio, racchiuso tra le elevate vette e le desertiche vallate. Impervi i suoi popoli, divisi tra la miriade di etnie che la storia ha condotto a obbligate convivenze. Impervio il Caucaso è, infine, mediaticamente.
[ad]Se le sue regioni meridionali, Georgia, Armenia e Azerbaijan, sono giunte, a seguito della dissoluzione sovietica e delle conseguenti nazionali proclamazioni di indipendenza, agli onori delle cronache, destino mediatico differente hanno avuto le regioni caucasiche settentrionali.
Tralasciando i marginali territori della Repubblica di Karačaj-Circassia, della Repubblica di Cabardino-Balcaria e del Kraj di Stavropol, solo nell’arco dell’ultimo decennio abbiamo scoperto, seppur superficialmente, le repubbliche autonome della Federazione Russa costituenti il Distretto Federale del Caucaso Settentrionale. A fine millennio, quando una guerra e migliaia di morti già avevano imbevuto le torbide acque del fiume Terek, è iniziata la nostra familiarizzazione con la Cecenia. Impacciati, in prima battuta, nel memorizzare i nomi dei suoi teatri di guerra e dei suoi palcoscenici geo-politici, affannosamente, abbiamo incominciato a conoscere gli interessi energetici dietro la sua guerra, il braccio forte russo, la resistenza militante (e parzialmente fondamentalista) ceceno-islamica e l’atto di estrema generosità offerto dalla coraggiosa giornalista russa Anna Politkovskaya. In un giorno di settembre del 2004, abbiamo scoperto Beslan e la tragica vicenda che ha sentenziato le vite di indifesi scolari.
Così, alla nostra liminare conoscenza è stato rivelato il nome e l’esistenza di un’altra regione del Caucaso del Nord, l’Inguscezia. Una regione, al confine occidentale ceceno, anch’essa a maggioranza musulmana e anch’essa coinvolta negli instabili equilibri regionali proponenti, all’intensificarsi della repressione del Cremlino, speculari controffensive caucasiche. Nel torrido ferragosto del 2008, le nostre battaglie acquatiche a suon di super-liquidator e gavettoni hanno fatto posto ai lanciarazzi e all’artiglieria con cui il conflitto nell‘Ossezia del Sud si è aperto. Gli attori della contesa, Georgia e Russia, rivendicanti interessi propri e dimenticanti quelli delle popolazioni locali, ci hanno fatto presumere che se esisteva un’Ossezia del Sud sarebbe, logicamente, dovuta esistere un’Ossezia del Nord. Così, in maniera indiretta, abbiamo completato quasi totalmente il nostro puzzle di conoscenza sulle regioni del Caucaso Settentrionale. L’ultimo pezzo, ricercato tutt’altro che bramosamente, ci è stato gentilmente offerto, seppur inconsciamente, da Sulejman Kerimov, oligarca russo, importante azionista di Gazprom e di Sberbank ma soprattutto Presidente della squadra di calcio FC Anzhi Makhachkala. Egli, acquisito il club nel gennaio del 2011, e sfoderati i primi gas-rubli per l’acquisto di decadenti stelle calcistiche, nell’estate dello stesso anno, si è regalato e ha regalato ai propri tifosi la star camerunense, in forza all’Inter, Samuel Eto’o. Incuriositi dal mistero di un club sconosciuto alle competizioni europee, abbiamo completato il puzzle caucasico, scovando l’esistenza di una città, Makhachkala appunto, capoluogo della regione autonoma del Daghestan, anch’essa energeticamente ricca, anch’essa situata ai confini con la Cecenia e anch’essa a forte vocazione islamica.
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