Le primarie di Milano, considerazioni

Pubblicato il 17 Novembre 2010 alle 12:00 Autore: Giuseppe Spadaro
milano

Domenica 14 Novembre si sono tenute a Milano le primarie per la scelta del candidato sindaco del centrosinistra chiamato a sfidare nella prossima primavera il sindaco uscente Letizia Moratti.

Di seguito i risultati in percentuale: Pisapia 45% – Boeri 40% – Onida 13% – Sacerdoti 1%. La gran parte dei commenti post-voto analizza: il dato basso dell’affluenza, la sconfitta del Partito Democratico, lo spazio politico apertosi al centro dopo la vittoria di Giuliano Pisapia.

Le primarie di Milano, considerazioni

[ad]Primo aspetto. Hanno votato circa 67.000 persone. L’81% per cento di coloro che hanno partecipato alle primarie che scelsero Ferrante nel 2006. Elenco una serie di possibili cause: il derby; la pioggia; la scelta di associazioni e movimenti di attendere l’esito delle primarie, magari perché persuasi del fatto che avrebbe vinto Boeri sponsorizzato da un centrosinistra troppo poco di sinistra; un’affluenza attesa fissata a quota 100.000, troppo al di sopra delle reali capacità attrattive e di mobilitazione; l’incapacità dei candidati di convincere una Milano disincantata; niente di tutto ciò o tutte queste motivazioni insieme.

 

Per il bene delle primarie sarebbe consigliabile una diversa e profonda riflessione sulla relazione tra Partito Democratico e primarie. Anche in questa occasione le primarie sembrano rappresentare la sconfitta del maggior partito del centrosinistra. L’interpretazione è giusta. Ma si concilia male con lo spirito delle primarie. Il Partito Democratico, nato solo tre anni fa, è un partito dall’identità ancora appena accennata. Molti suoi elettori, iscritti, simpatizzanti sono molto più a sinistra della dirigenza, o comunque sintonizzati su frequenze diverse. Cosicché, a Milano come in Puglia, la scelta dei dirigenti PD ricade su profili moderati non in linea con chi decide di votare. Risultato: l’indicazione del partito contrasta con le reali preferenze. Pisapia supera Boeri come Vendola supera Boccia. Consiglierei al Partito Democratico un approccio più soft. Il Partito Democratico eviti investiture ufficiali. O almeno lo faccia solo nel caso di candidature ampiamente rappresentative e condivise. A Firenze avrebbe potuto lasciare libera scelta. Invece indicò Lapo Pistelli aprendo vaste praterie al capace Matteo Renzi. In Puglia anziché chiedere all’uscente Vendola di fare il candidato del Partito Democratico lo ha aizzato a crearne uno ex novo a sua immagine e somiglianza. Lasciare libera indicazione di voto trasformerebbe un punto di debolezza del Partito Democratico in punto di forza. E renderebbe più forte l’intero centrosinistra con la moltitudine di sensibilità interne.

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L'autore: Giuseppe Spadaro

Direttore Responsabile di Termometro Politico. Iscritto all'Ordine dei Giornalisti (Tessera n. 149305) Nato a Barletta, mi sono laureato in Comunicazione Politica e Sociale presso l'Università degli Studi di Milano. Da sempre interessato ai temi sociali e politici ho trasformato la mia passione per la scrittura (e la lettura) nel mio mestiere che coltivo insieme all'amore per il mare e alla musica.
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