[ad]Mario Monti e Giorgio Napolitano, le uniche due ancore nel mare magnum dell’antipolitica italiana. Dei sondaggi politici divulgati nella prima metà della settimana i quesiti sottoposti da Ipsos confermano il consenso degli italiani solo per le figure più strettamente istituzionali, mentre appena si entra nel perimetro della politica partitica il tasso d’apprezzamento crolla.
L’operato del presidente della repubblica è condiviso dal 72% degli italiani, segno che la bipartisanship riesce – a dispetto di un assetto partitico diviso in quattro poli articolati, a loro volta, in mille piccole fazioni – a trovare un interprete riconosciuto presso l’opinione pubblica.
L’altissima popolarità di Napolitano si porta dietro anche il governo tecnico. Il 52% degli italiani interpellati – il campione del sondaggio Ipsos è di 800 interviste raccolte col metodo CATI – sta dalla parte di Monti.
Se si considera la potenziale impopolarità che si è attirato l’esecutivo dei professori attraverso le manovre di stretta austerity il risultato non è banale. Tutt’altro. Il 49% pensa che il governo Monti abbia salvato il paese dal baratro a fronte di un 48% critico per aver colpito i ceti più deboli. Ancor più rotondo si fa il risultato in favore del professore quando al campione si chiede di comparare il lavoro compiuto dai tecnici e quello dei politici tradizionali. Per il 57% degli italiani i tecnici si stanno comportando meglio dei politici, a fronte di un 30% che pensa l’opposto.
Tanto da far pensare ad un futuro da protagonista della vita istituzionale per il premier in carica. Il 48% auspica un ritorno in cattedra, da docente universitario alla Bocconi. Invece, un altro 48% lo vedrebbe bene o alla presidenza della repubblica (13%) o come ministro dell’economia (15%) oppure ancora a capo di un governo dopo le elezioni (16%).
Al di fuori da queste ancora, dicevamo, però resta un mare sconfinato di antipolitica. Neppure i due presidenti delle Camere ne sono immuni: Gianfranco Fini e Renato Schifani sono visti benevolmente sono da un italiano su 3. Mentre, ben il 48% osserva nel Movimento 5 Stelle una scossa benefica per la politica. Una porzione significativa di italiani (il 37%) condivide il diktat di Beppe Grillo sul “no” ai talk show per i suoi eletti e militanti. La maggioranza, il 54% lo disapprova. Ma avere quasi 4 italiani su 10 dalla parte del comico genovese significa avere una buona testimonianza di quanto sia ampia l’area di espansione del Movimento 5 Stelle, giunto fin qui – in base al report settimanale di Ipsos – a toccare il 18% delle intenzioni di voto.
Per la politica tradizionale è un campanello d’allarme, che arriva contemporaneamente a un segnale incoraggiante per il centrosinistra, nel pieno della sua campagna delle primarie. L’alleanza Pd-Sel cresce costantemente di settimana in settimana e questa competizione si sta rivelando, almeno sul fronte del centrosinistra, un ottimo antidoto alla fuga di voti verso l’astensionismo o la protesta dei 5 Stelle.
Il centrodestra potrebbe trarre giovamento da questo insegnamento. Il sentiment popolare, d’altronde, pulsa in favore delle primarie per scegliere il candidato premier anche fra i moderati. Sono utili per il 50% degli elettori, mentre il 38% è dell’avviso che il Pdl senza Berlusconi sia finito.