Obama, il discorso della vittoria

Obama

[ad]Malgrado i sondaggi della vigilia indicassero come probabile la rielezione di Barack Obama, le elezioni presidenziali USA 2012 hanno tenuto il mondo intero con il fiato sospeso per una notte intera prima che si delineasse con chiarezza la nuova vittoria del candidato democratico, che gli spalanca per la seconda volta le porte della Casa Bianca e gli consegna l’onore e l’impegno di guidare gli Stati Uniti fino al 2016.

 

Nei suoi discorsi Obama non ha mai avuto remore ad affrontare – con la consueta abilità mediatica – anche temi spinosi e controversi, pertanto l’analisi delle sue parole è spesso stata utile per comprendere e talvolta anticipare l’indirizzo politico della sua azione di governo.
Particolarmente importante a questo proposito diventa inevitabilmente il discorso della vittoria, il discorso pronunciato il giorno successivo alle elezioni una volta chiara e ufficializzata la rielezione alla massima carica degli USA e del mondo intero.

La trascrizione del discorso in forma integrale è disponibile a questo link.

Come spesso accade, il flusso delle parole di Obama è molto fluido e ben costruito, ed i differenti argomenti si succedono in maniera naturale, in una catena di premesse e conseguenze che non fa che rimarcare la profonda attenzione all’aspetto comunicativo del Presidente degli Stati Uniti; è tuttavia possibile suddividere il discorso in macrosegmenti logici, legati rispettivamente ai temi dei ringraziamenti, degli ideali e delle politiche.

La prima parte del discorso (quasi il 50% del totale), come d’obbligo in un testo dal sapore così celebrativo, è interamente dedicata ai ringraziamenti. Come da consueta retorica statunitense la famiglia gioca un ruolo importante in questo ambito, e così non stupiscono i riferimenti alla moglie Michelle e alle figlie Sasha e Maila.
Una parte molto rilevante di questa sezione del discorso, come già accaduto nel 2008, è però legata al ringraziamento agli elettori, e in generale alla celebrazione della democrazia elettiva come strumento di “speranza” e “progresso”; all’interno di questo ambito, in cui il confronto tra democratici e repubblicani viene – giustamente – ridotto alla sua reale dimensione di dialettica tra persone che hanno idee differenti sul raggiungimento di un obiettivo comune, si pone l’onore delle armi al candidato sconfitto il repubblicano Mitt Romney.
È significativo – e costituisce ulteriore merito per l’abilità oratoria di Obama – notare come l’apertura di Obama alla collaborazione con il GOP, perfettamente inserita e motivata nella catena di ragionamenti del discorso, non sia in realtà altro che la presa di coscienza di essere un lame duck president, in quanto un ramo del Parlamento è a maggioranza repubblicana e questo costringerà Obama a lunghi ed estenuanti compromessi sul suo programma politico.
La parte conclusiva e forse più interessante della sezione dei ringraziamenti riguarda tuttavia tutti i collaboratori di Obama nella campagna elettorale, partendo dallo staff fino alla miriade di volontari che, porta a porta o telefonicamente, hanno pazientemente contattato i cittadini americani facendo propaganda per il Presidente ed il Partito Democratico. Oltre ad essere un omaggio estremamente toccante ed efficace nel far sentire ancora più unito il popolo liberal statunitense, costituisce una valida base di appoggio per introdurre i temi prettamente politici del discorso, sia celebrando quanto già ottenuto andando a descrivere le motivazioni dei volontari, sia individuando le tematiche dominanti del secondo mandato.

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[ad]La seconda parte del discorso (poco più del 10% del totale) elenca con decisione quali sono gli ideali che muovono la politica di Obama, gli obiettivi ultimi del suo mandato come presidente e della sua personale visione della politica progressista d’America: deve colpire il fatto che Obama metta al primo posto istruzione e leadership tecnologica e scientifica, e ne parli addirittura prima dell’economia e di quel grande pilastro della giustizia sociale che è l’eguaglianza.
In questo Obama si mostra altamente realista persino quando si tratta di proporre sogni: ha individuato nella supremazia tecnica e scientifica degli USA tanto le cause prime della leadership mondiale del colosso nordamericano quanto il volano della ripresa economica dopo anni di crisi e stagnazione.
Questi punti diventano così la premessa fondamentale per il libro dei sogni vero e proprio, fatto di tolleranza, eguaglianza, mobilità sociale e libertà.

Proprio l’accenno all’economia costituisce il trigger che consente al Presidente Obama di volare verso la terza ed ultima parte del discorso, quella incentrata sulle azioni politiche.
Dopo una doverosa premessa sui miglioramenti economici degli ultimi mesi e sulla necessità – ancora una volta mascherata da patriottismo – di compromessi con i repubblicani, Obama elenca in maniera diretta i principali punti di azione della propria politica economica nel corso di questo secondo mandato: Reducing our deficit. Reforming our tax code. Fixing our immigration system. Freeing ourselves from foreign oil.
Obama non si addentra, né era da aspettarselo, nei dettagli delle sue proposte, ma è chiaro che l’economia sarà il motore del suo secondo mandato; al tempo stesso il Presidente evidenzia, sfumando verso la chiosa finale, le difficoltà che attanagliano e ancora attanaglieranno il Paese, suggerendo solo come attraverso i valori precedentemente elencati – di cui offre esempi a tratti anche lirici – gli USA potranno continuare a giocare il loro attuale ruolo nella politica mondiale.

Tag cloud del discorso di Barack Obama

Di particolare interesse, naturalmente, è il tag cloud del discorso di Obama.
Come si vede, è la parola “America” a dominare il discorso, vuoi per il consueto patriottismo che anima i discorsi dei politici d’oltreoceano vuoi per un ecumenico desiderio di Obama di ricalcare la propria posizione di presidente dell’intero Paese dopo le lacerazioni politiche e sociali di una campagna elettorale particolarmente intensa. Nella stessa accezione si possono considerare i riferimenti a “country” e “nation”.
Non deve poi stupire l’importanza nelle parole del Presidente delle parole “work” e, anche se in misura minore, “job”: è infatti proprio nella ripresa occupazionale la chiave della vittoria di Obama, che ha fatto del lavoro la propria bandiera anche in termini di contrapposizione ad un Partito Repubblicano spesso troppo legato al mondo della finanza.
A queste parole fanno da contorno altri lemmi che aiutano a caratterizzare non tanto l’azione politica di Obama, quanto piuttosto il suo background ed il suo modo di fare e interpretare la politica: i verbi “make”, “want” e “fight”, attraverso cui il Presidente intende rimarcare il modello del sogno americano e ricondurre risoluzione della crisi economica alla volontà e alla capacità degli Americani, le parole “hope” e “future”, termine altamente evocativi nella mobilitazione dell’elettorato e indubbiamente decisivi nel determinare le sorti dell’elezione; a questi fanno da corollario altre parole forse più ai margini ma che consentono di dettagliare meglio il senso ultimo del messaggio di Obama: “love”, “family”, “thank”, “know”, “new”.

Il discorso di Obama si contraddistingue dunque per eleganza e raffinatezza, ma al contrario di come si poteva supporre risulta anche intenso in termini di contenuti e anche piuttosto preciso per quanto riguarda quelli che saranno i temi caratterizzanti del mandato.
Ci si trova di fronte ad un Obama più maturo, forse lontano dalle vette liriche del 2008 quando era il “Presidente del miracolo” ma forse ancora più efficace, avendo trovato il giusto connubio tra la capacità di far sognare e quel cerebralismo così necessario nell’affrontare il vivere quotidiano della politica.