La vittoria di Fassino: analisi del voto
[ad]In primo luogo la vittoria di Piero Fassino è stata netta e abbastanza omogenea dal punto di vista geografico: l’ex-segretario ha superato la maggioranza assoluta delle preferenze in tutte e dieci le circoscrizioni cittadine, ottenenendo il suo peggior risultato nella IX ed il migliore nella VI. È importante osservare come anche nelle circoscrizioni II e X, che circondano l’area di Mirafiori e dove ancora risiedono molti lavoratori ed ex-lavoratori FIAT, Fassino si sia tenuto al di sopra del 55%, malgrado le sue esternazioni molto nette per il SI al recente referendum tra i lavoratori della casa automobilistica torinese potessero costituire un punto interrogativo sulle sue prestazioni. I possibili pregiudizi su Fassino non hanno invece trovato terreno fertile: né l’età anagrafico-politica, né la sua lunga lontananza da Torino, né l’appoggio dei vertici romani del partito hanno in qualche modo appannato la sua candidatura, e su questi temi dovrà essere attento il centrodestra in fase di campagna elettorale per evitare scivoloni.
Se Fassino si è dimostrato un campione di regolarità nelle dieci ciroscrizioni cittadine, le prestazioni di Gariglio hanno invece risentito in maniera pesante del fattore territoriale, spaziando dal 19% della circoscrizione VIII al 36% della IX. La campagna elettorale di Gariglio, fondata in primo luogo sullo scontro generazionale e sul rinnovamento, non ha pagato. I motivi di questo fallimento sono molteplici: solo un votante su tre alle primarie aveva meno di 45 anni, e l’anzianità media elevata del corpo elettorale ha mal recepito le istanze di rinnovamento evidenziate da Gariglio. In secondo luogo, il tema del rinnovamento è stato inteso anche come un tentativo di archiviare il decennio di Chiamparino, l’attuale, popolarissimo, sindaco. Il consenso goduto da Chiamparino, l’appoggio fornito da questi a Fassino ed il tentativo – forse obbligato – di Gariglio di porsi come alternativa e non calarsi in un contesto di continuità sono stati potenti freni al suo consenso. Infine, l’appoggio dei “signori delle preferenze” Placido e Laus può essere stato alla lunga controproducente per Gariglio, che si è ritrovato ad essere a sua volta un candidato di establishment e cadendo nell’incoerenza rispetto alle sue posizioni.
A sinistra del PD, spicca il buon risultato ottenuto da Passoni, specialmente nelle circoscrizioni I e VIII, quelle storicamente più avverse alla sinistra torinese. Come già a Bologna, i candidati fuori dal PD si sono dimostrati maggiormente in grado di attrarre consenso nelle aree tradizionalmente ostili alla sinistra, anche se di fatto espressione di movimenti più estremi. Passoni, civico sostenuto dai circoli di SEL, permette di quantificare in qualche modo l’effetto di Vendola sul popolo del centrosinistra. Giuliano Pisapia a Milano ed Amelia Frascaroli a Bologna avevano ottenuto l’appoggio ufficiale di Sinistra Ecologia e Libertà, e Vendola si era speso in prima persona per la loro candidatura; entrambi hanno ottenuto eccellenti risultati alle primarie, il primo addirittura vincendole, segno di quanto Vendola sia in grado di fare breccia nell’elettorato di centrosinistra. L’appoggio dei circoli locali di Sinistra Ecologia e Libertà senza quello del suo segretario ha permesso a Passoni di raggiungere il 12%, un risultato che, seppure buono, lo distanzia in maniera netta dai suoi omologhi milanesi e bolognesi, ed evidenzia il forte problema del personalismo che attanaglia SEL.
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