Da Casini sì al voto anticipato, ma con quale legge?
E se a staccare la spina al Governo Monti fosse il più sicuro e convinto sostenitore dell’esperienza tecnocratica dell’ultimo anno?
[ad]È infatti Casini, l’ago della bilancia nella “strana maggioranza” a dichiarare per ultimo che l’ipotesi del voto anticipato questa volta non la scarterebbe.
Non si tratta naturalmente, di un attacco nei confronti del Premier, di una presa di posizione nei confronti di un particolare provvedimento, ma di una considerazione che nasce dalla decisione del Ministero degli Interni di indire le elezioni regionali per Lombardia, Molise e Lazio il 10-11 febbraio prossimi, in anticipo rispetto alle elezioni politiche, che invece si dovrebbero tenere in aprile.
Una “tassa”, l’ha definita il segretario del Pdl Angelino Alfano, quantificandola in 100 milioni, il costo di dover tenere la tornata elettorale invece dell’election day alla chiusura della legislatura. Una tassa che il Governo applicherebbe per accontentare Bersani, favorevole come tutto il Pd a che in quelle regioni si voti quanto prima, per evitarne lo stallo prolungato per quelle regioni ed “attenersi alla legge”, come lo stesso segretario Pd ha dichiarato oggi al convegno della CNA.
Allora, ragiona Alfano, se non si può ritardare il voto regionale, si anticipi quello per le politiche, a costo di staccare la spina al Governo Monti, che tanti problemi sta dando al Pdl in termini di tenuta interna. E se il Presidente della Repubblica ha ricordato che le sue prerogative non si limitano a “tagliare i nastri”, ma sono invece assolutamente politiche, e comprendono anche lo scioglimento anticipato delle Camere, e Schifani invita a trovare mediazioni condivise, sono Casini e a ruota (con qualche distinguo) Fini a sostenere l’ipotesi dello scioglimento anticipato, affermando che cinque mesi di campagna elettorale possono rivelarsi più deleteri di una caduta del governo in carica.
Dal leader centrista però l’invito è per non perdere ulteriore tempo in polemiche e concentrarsi nella riforma della legge elettorale, che nel frattempo si è arricchita di due proposte elaborate dallo specialista Calderoli, volte a dare un premio “ragionevole” al primo partito qualora la coalizione vincente ottenga meno del 40 (o 42,5)%.
A questo punto è evidente che la maggioranza delle forze politiche (presenti o meno nell’attuale Parlamento) voglia votare a febbraio, e – se Napolitano sarà d’accordo – resterà solo da vedere con quale legge: il tempo è inesorabile e forse la mossa di Casini è intesa a costringere Bersani a “mangiare la minestra” dell’emendamento Rutelli.