D’Alema e il conflitto d’interessi

Massimo D'Alema

D’Alema e il conflitto d’interessi

Massimo D’Alema, intervistato da Repubblica TV, oltre ad affrontare i temi più dibattuti del momento, discute negli ultimi minuti della prima parte l’annosa questione del conflitto d’interessi. Per chi fosse interessato, ascolti dal minuto 28′ e 33” in poi.

http://tv.repubblica.it/copertina/massimo-d-alema/33179?video

Riassumo brevemente ciò che D’Alema ha affermato:

[ad]1. Nel 96 il governo Prodi I avvia la procedura parlamentare per proporre la legge. La legge viene approvata nella primavera del 98, relatore Franco Frattini. D’Alema la definisce inefficace. Cade il governo Prodi I nel dicembre dello stesso anno.

2. Nel governo omonimo D’Alema, egli incarica Stefano Passigli, senatore e giurista che si occupa di questi argomenti, di proporre una nuova e migliore legge. D’Alema lo nomina anche Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio.

3. Scontro parlamentare “violentissimo” (così lo definisce D’Alema) sulla legge. Nel 2000 il Senato approva la legge sul conflitto d’interessi. Cade il governo D’Alema. Il Governo di centro sinistra non porta avanti la legge alla Camera.

4. Nuovo Governo Berlusconi, in cui si ripropone una nuova legge (nuovamente Frattini come relatore). Passa la legge (2004), che risulta quella ancora vigente.

 

D’Alema ha ancora affermato una cosa che io giudico il punto da cui partire per l’analisi: egli afferma che qualunque legge sul conflitto d’interessi si presenti, Berlusconi troverebbe un modo per arginarla ed aggirarla, concedendo la propria parte di azioni ai figli o personaggi compiacenti. Quindi, secondo D’Alema, la questione del conflitto d’interessi non costituirebbe quella richiesta amletica che alcuni elettori di centro sinistra vorrebbero vedere presentata dal PD, poichè non risolverebbe il problema delle proprietà di Berlusconi (ed in generale di un qualunque privato cittadino che volesse dedicarsi alla politca senza rinunciare al controllo delle proprie aziende). D’Alema dichiara ancora che se è legittimo richiedere tale legge è molto più efficace affrontare il problema in sede politica, perchè un fenomeno politico, quale D’Alema definisce Berlusconi, si risolve in termini politici, non solo legislativi.

Dunque, vediamo di fare chiarezza sull’argomento: prima di tutto, cosa si intende per conflitto d’interessi e cosa comporta?

Il conflitto d’interessi, come il termine stesso enuncia, è un’incompatibilità evidente tra gli interessi personali di un individuo e la carica che tale individuo riveste. Un esempio chiarifica il tutto: se siete proprietario/a di un’azienda che produce automobili e venite eletto/a come assessore ai trasporti per il vostro comune, capirete bene che i vostri interessi personali non vi consentirebbero di essere imparziali quando agite in qualità di funzionario della cosa pubblica.

Ancora.

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Se volete continuare a svolgere la professione di assessore, dovrete liberarvi dalla vostra partecipazione nell’azienda che produce automobili: un garante apposito controllerà che non abbiate più interessi diretti cosicchè possiate essere il più possibile neutrali nelle vostre decisioni pubbliche.

D’Alema afferma che non importa quale legge si approvi, l’imprenditore di turno troverebbe un modo per concedere le proprie azioni a persone di sua fiducia (nel caso specifico di Berlusconi, anche ai figli) e quindi i suoi interessi personali rimarrebbero intaccati.

Nel diritto inglese si afferma che:

[ad]”E’ previsto l’obbligo per i settlor di comuncare i dati relativi ai redditi ed alle attività patrimoniali; un apposito ufficio etico verifica le dichiarazioni stesse e decide circa i possibili rimedi. Altre soluzioni sono l’astensione; o la ricusazione, dell’interessato ovvero la dismissione delle attività economiche incompatibili.

Il Blind Trust è una forma di legislazione (vi sono altri trust) che appositamente tenta di evitare i conflitti d’interesse. Specificamente si legge che

“A blind trust is a trust in which the beneficiaries are unaware of the trust’s specific assets, and in which a fiduciary third party has discretion over all management of the trust assets. For example, politicians may use a blind trust to hold their assets while they’re in office to avoid conflict of interest accusations.
Blind trusts are set up with the politician as both grantor and beneficiary, and a trust company as trustee. The trust company holds stocks, bonds, real estate, and other income-generating property in trust for the politician-beneficiary, but the politician lacks knowledge of what stocks or bonds or real estate or other investments are in the trust. In this manner, the politician is immune to accusations of enacting legislation for his/her own gain.”

Quindi, ne conegue per logica che:

1. I beneficiari del trust debbano essere all’oscuro delle specifiche finanziarie del trust. Ovvio, altrimenti l’individuo si comporterebbe come afferma D’Alema, ovvero consegnerebbe il proprio pacchetto d’azioni a familiari o conoscenti. Ecco perchè si chiama BLIND (cieco) trust. Mai termine fu più appropriato.

2. Un elemento terzo si occupa, a propria discrezione, di gestire il trust.

3. Il politico di turno non possiede alcuna diretta conoscenza su come le proprie azioni vengano gestite nel trust in questione.

Articolo 21 dedica un ampio approfondimento sul caso del conflitto d’interessi in Europa e negli USA: negli USA, si legge

  1. La legislazione statunitense sul conflitto di interessi assoggetta tutti coloro che esercitano funzioni pubbliche, nel legislativo, nel giudiziario e nell’esecutivo.
  2. Obbligo generale è la pubblicizzazione delle risorse economiche dell’interessato, del coniuge convivente e dei figli a carico (disclosure).
  3. L’amministratore fiduciario, innanzitutto, va scelto tra soggetti appartenenti a determinate categorie (procuratore, commercialista, broker etc.) e deve rispondere a requisiti di indipendenza dall’interessato.
  4. Quest’ultimo, poi, non dovrà ricevere alcuna notizia riguardo all’attività dei propri affari se non il minimo indispensabile per riempire la dichiarazione dei redditi. Anzi, per legge, dovrà fare di tutto per non riceverne.
  5. Il fiduciario ha la massima libertà nell’amministrazione del patrimonio, può addirittura dismettere l’attività e prendere decisioni su eventuali reinvestimenti.
  6. Un punto cruciale, comunque, è che la scelta del trust e del fiduciario spetta all’interessato. Un ufficio per la supervisione deontologica ha poi il compito di approvare tale scelta in base alle regole di indipendenza e di professionalità richieste.

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[ad]Quindi, il fiduciario lo sceglie il diretto interessato, ma POI sarà un garante a stabilire quanto sia attendibile e sorvegliare sulla sua condotta, che come si legge è totalmente libera dal proprietario del trust.

Compreso ciò:

  • Se il problema di D’Alema è quello di non far consegnare l’azienda di Berlusconi (o chi per esso) ai figli del medesimo o fiduciari non obbiettivi, la legislazione americana già include ciò, e garantisce che sia un garante terzo a controllare. Se il fiduciario si comporta in modo ambiguo, allora si interviene e si toglie il trust.
  • Se il problema di D’Alema è che qualunque legge sul conflitto d’interessi non risolverebbe il problema politico, gli farei notare che è di Gramsciana memoria la differenza tra potere politico e potere economico. Il conflitto d’interessi è un problema di ampio spettro, che tocca la politica ma anche e soprattutto l’economia. In ultima analisi tocca la società civile, poichè mansioni pubbliche, come quella di politico specie se un Presidente del Consiglio, influenzano profondamente la vita quotidiana di tutti noi cittadini. Così come non vorreste l’assessore ai trasporti con diretto controllo di un’azienda che produce automobili, altrettanto non vorreste un Presidente del Consiglio che diriga la vita politica in funzione dei propri interessi privati. La legge è uguale per tutti, così si afferma in ogni tribunale.
  • La legge sul conflitto d’interessi perde di credibilità se il garante, che si occupa di controllare il fiduciario è corruttibile. Questo però è un problema tutto italiano, il quale non può essere giustificato sostenendo: “poichè in Italia ogni essere umano è corruttibile, allora evitiamo di far passare la legge apposita”. Dovere del politico è quello di creare un sistema di controllo incrociato valido ed efficente. Non è dovere del politico quello di non risolvere i problemi di uno Stato, non importa quanto profondi e complicati siano.

In Italia emerge spesso questo problema, atavico e genetico oserei quasi dire: nessuno si fida di nessuno, poichè la corruzione tocca ogni ambiente. E’ una piaga endemica ed allora bisogna conviverci o sperare di risolverla con altri espedienti? Quello politico, come sostiene D’Alema, è una chimerica soluzione: se il sistema politico è incapace di essere onesto e quindi controllare i controllori, allora anche i politici saranno i primi a non essere deontologicamente capaci di autocontrollarsi. Se non mi posso fidare del fiduciario al trust e del garante che controlla il fiduciario stesso, come posso fidarmi del politico che tenta di arginare il blind trust solo con procedure politiche ma non legislative opportune?

Altri paesi, come UK ed USA, soffrono della corruzione pubblica e privata: nessuno ne è immune. Quindi è una bugia affermare che solo in Italia si commetta questo fastidiosissimo e deprecabile reato. Ma è altrettanto corretto far notare come in alcuni paesi il sistema di controllo sia molto più efficiente e meno opinabile, più efficace e neutrale, più difficilmente corruttibile. Se in Italia non si comprenderà questo vitale passaggio, allora D’Alema avrà ragione. Sarà tuttavia una ragione di debole valenza, perchè il garantismo è un valore che la nostra stessa Costituzione esalta e difende. E non basta solo esaltare e declamare questo valore, BISOGNA farlo rispettare ed i politici sono i diretti responsabili.