Professione comunicare. Proforma-Pustetto a confronto

Pubblicato il 3 Giugno 2009 alle 22:35 Autore: Lorenzo Pregliasco
Professione comunicare. Proforma-Pustetto a confronto

[ad]Che cosa cambia, allora? La televisione.
«Beh, la televisione resta inarrivabile, poi in Italia con la legge sulla par condicio la comunicazione politica in tv è molto limitata, ma io dico sempre ai miei candidati: se anche vi invitano nella televisione più piccola e sperduta del mondo, in un paesino, con solo una telecamera, a fare un intervento di trenta secondi andateci. Meno manifesti e più televisione, questa è la mia regola. Così come meno carta e più Internet. Anche se molti candidati pensano che la rete sia una cosa usata solo da ragazzi, in realtà il mezzo ha una diffusione molto più penetrata di quanto i candidati immaginino. Per loro è una cosa da ragazzi, ma non è così. Si può modulare il proprio messaggio sulle nuove tecnologie».

Se pensa a campagne di questo momento sul web, che cosa le viene in mente?
«Vedo moltissimi siti dei candidati, ormai tutti i candidati hanno fatto il sito perché è diventato quasi come un manifesto. Però di siti ‘svegli’, interattivi, non ne vedo molti ancora. Ma perché i candidati non hanno questa sensibilità a cogliere le potenzialità della rete. E poi ci sono i banner, ma non li trovo così interessanti, non li utilizzerei per un mio candidato».

E tornando ai manifesti? Qualche esempio interessante di queste ultime settimane?
«A livello nazionale si vede il grande vuoto di Forza Italia, ora Pdl. Non c’è, ed è la prima volta da che io mi ricordi che Berlusconi non è presente con i 6×3, non si era mai visto. Mentre ci sono stati Casini e gli altri che hanno fatto una campagna abbastanza importante. Alcune cose per me restano un po’ incomprensibili, però c’è dietro una professionalità, non ci sono i più manifesti artigianali di qualche anno fa. Lo sforzo dei partiti di fare qualcosa di più elaborato c’è».

Tranne Berlusconi…
«Secondo me il premier ha ritenuto che la sua azione di governo andasse a colmare e potesse essere sufficiente a coprire questa mancanza di questo tipo di comunicazione».

Nel ‘92 disse alla Stampa che i calzini bianchi fanno la differenza tra chi sa cosa vuol dire andare in televisione e chi no. Se si guarda intorno oggi, chi vede coi calzini bianchi e chi senza?
«Sa, non ci sono molti calzini bianchi in giro, se non in ambito locale. I leader dei grossi partiti non li mettono, e se li mettono lo fanno come elemento seduttivo, usandoli scientemente per fare presa su certe fasce di elettorato, è un target anche quello».

Fuor di metafora, chi vede bene in tv?
«Franceschini lo vedo molto debole, perché lui è una persona debole, quindi non può essere un personaggio forte. E mi sembra più debole anche rispetto a Veltroni, che quantomeno ci metteva molta volontà, si vedeva che era uno molto concentrato su sé stesso. Invece Franceschini mi sembra più superficiale, non è uno che fa training, preferisce essere ‘nature’, un po’ ruspante, ma non sempre questo paga. E in questo momento un po’ di tecnicismo ci vorrebbe».

Quindi è vero che molti politici di centrosinistra tendono a non accettare il professionismo al servizio della politica e la consulenza?
«Certamente, per esempio sto osservando Debora Serracchiani a Udine, lei indossa un giubbino che è quello che indossava il giorno dell’intervento all’assemblea del Pd e l’ha usato anche per i manifesti. Ed è veramente misero, non trasmette forza o carattere. C’è questa tendenza all’artigianalità pensando che abbia una forza di seduzione, cosa che io non credo».

Pensa che questa artigianalità si sia fatta sentire anche nella campagna di Veltroni l’anno scorso?
«Beh no al contrario, Veltroni ha ecceduto nella comunicazione l’anno scorso».

Però lui e Realacci rivendicarono il fatto di non essersi rivolti a consulenti ma di aver fatto tutto in casa.
«Primo, non crederò mai che non si siano rivolti a consulenti, perché non è nella natura di Veltroni. Li avranno usati per interposta persona. E se non ha avuto successo è perché lui era debole, perché non ha saputo ottimizzare il passaggio da Prodi a lui, ha fatto degli errori macroscopici, e forse si è sopravvalutato. C’è stata una sovrapposizione con le tecniche della campagna di Obama, ma Veltroni non ha la personalità. Per reggere a una comunicazione come quella di Obama bisogna avere una personalità forte, la comunicazione va sempre tarata su quello che si è».

Quindi conferma quello che disse qualche anno fa, che nessun consulente politico può vincere a dispetto del suo candidato?
«Assolutamente sì, anche se invento la campagna migliore del mondo. Ed è qualcosa che vale soprattutto se non ho un candidato modesto, come nel caso di Veltroni».

Berlusconi è un candidato modesto? O è un caso a sé?
«E’ un caso unico e irripetibile. Ora stiamo vedendo Berlusconi, poi ci sarà un giorno in cui non lo vedremo più e non ci sarà mai un altro Berlusconi».

 

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L'autore: Lorenzo Pregliasco