Irisbus e BredaMenarinibus, la necessità di rilanciare un settore industriale

irisbus e breda

[ad]Sono in attesa che la proposta delle rappresentanze sindacali trovi udienza presso il Ministero dello Sviluppo Economico, i lavoratori della Irisbus di Flumeri e quelli della BredaMenarinibus di Bologna. L’idea avanzata è quella di costruire un unico polo da cui far ripartire la produzione di autobus, settore strategico in serio pericolo in Italia, dopo la dismissione lo scorso novembre dello stabilimento Irisbus da parte della Fiat e l’analogo destino toccato di lì a poco ai loro colleghi della Breda, di cui Finmeccanica promette la vendita entro la fine di quest’anno.

 

Come nasce una simile idea? Questione romantica, forse, se si considera che la sua genesi non è opera della politica o del Governo, ma di quel naturalissimo senso di solidarietà che lega le persone nei momenti difficili: tale è il sentimento che porta un lavoratore della Breda originario del territorio irpino a condividere coi colleghi virtuali della Irisbus la situazione che accomuna tristemente i destini delle due aziende. Quindi il passaparola ai rispettivi rappresentanti sindacali della Fiom e il gioco è fatto.

Irisbus e Breda, seppure provenienti da storie diverse e radicate in contesti socio-economici profondamente differenti, giungono in tal modo a proporre al Governo di salvare quello che rimane della filiera industriale in un’unica realtà che mantenga intatta la propria missione produttiva, che continui a produrre “autobus e veicoli per il trasporto pubblico su gomma a basso impatto ambientale”, a dispetto di qualunque vendita o svendita aziendale.

“Non chiediamo di essere assistiti”, dice Marco Prendin, Rsu della Fiom nonché operaio specializzato con 35 anni di esperienza in Breda, “chiediamo ad uno Stato di comportarsi in modo saggio”, di riattivare, finanziando un settore-chiave della sua economia, quel “circolo virtuoso” in grado di sbloccare carichi di lavoro e creare occupazione. Marco Prendin si riferisce al fondo per il trasporto pubblico locale e conosce tutte le medie e le percentuali che dimostrano quanto il parco autobus italiano sia più scarso e obsoleto di quello di Francia e Germania.

Se lo Stato ha permesso alla Fiat di andar via con la licenza di produrre riducendo lo stabilimento di Valle Ufita ad una “scatola vuota”, la Breda ha tutte le carte in tavola per trainare Irisbus, che rimane potenzialmente una grande realtà produttiva. E, per dirla tutta, così facendo la Breda, numericamente più esigua e appetibile per un potenziale acquirente, poiché conta 290 unità contro le circa 700 di Irisbus, condivide l’obiettivo di salvare molti più posti di lavoro, dimostrando di essere in grado di guardare oltre il proprio panierino.

“La Fiat ha usato l’assenza della politica per fare i suoi comodi”, denuncia Dario Meninno, Rsu Fiom, da sempre in prima linea nella battaglia Irisbus. “Concorrerà in Italia con autobus costruiti fuori e non vuole avere competitor!”.

Come mai questo accade solo in Italia?

Sulla falsariga di altri Paesi, il Governo ha il dovere e la responsabilità di intervenire. È chiamato ad aprire un tavolo di concertazione per il quale ci auguriamo di non aspettare tempi biblici, che valuti seriamente le istanze presentate in un’ottica di lungo periodo e di ripresa economica.

Irisbus e Breda rappresentano l’ultima chance per l’Italia di continuare a produrre autobus. La loro chiusura nell’interesse di pochi rappresenterebbe un enorme e imperdonabile fallimento di tutti.