Di fronte a molte manifestazioni di indignazione contro “i potenti” che sono solo sfoghi ciechi e rabbiosi mi vengono pensieri simili a quelli scritti da Alessandro Basilico:
E chi sono “i potenti”? Chi impersona questo “Stato” che ci mette i piedi in testa? E quanti sono i suoi “servi”? Se sono servi i poliziotti, lo sono anche i giudici? E i presidi, gli insegnanti, magari anche i bidelli? E magari sono servi tutti coloro che non si ribellano, che si lasciano mettere i piedi in testa?
Se queste persone non si ribellano, la rivolta colpirà anche loro, perché alleate del nemico?
E ipotizziamo anche si ribellino tutti (a questo punto, verrebbe da chiedersi “contro chi?”, ma lasciamo perdere).
Dopo che ci siamo ribellati tutti, che abbiamo gridato in piazza la nostra indignazione, che abbiamo mandato affanculo (perché questo propone Beppe Grillo) tutto e tutti, poi che facciamo?
Basta questo per avere più lavoro e più opportunità per tutti? Per avere una sanità, una scuola e una giustizia che funzionino? Gridare la nostra infelicità, lasciarla sfogare, basterà a renderci felici?
Ne dubito molto. Non so se ti è mai capitato di dover sbrogliare un filo ingarbugliato, tipo quello delle cuffie dell’iPod. Personalmente, se non ci riesco subito, mi viene da scagliarlo contro il muro, da farlo a pezzi, da tagliarlo… Ovviamente, la cosa non funziona e l’unico modo per tornare a sentire la musica è mettersi pazientemente a scioglierlo nodo per nodo.
Quando viene a galla la frustrazione popolare (quasi sempre del tutto giustificata) si deve scegliere se cavalcarla o aiutare a risolvere i problemi che l’hanno fatta sorgere. Solo la seconda scelta (che è faticosa e spesso impopolare) cambia le cose.
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