Recensione: «In 10 parole», di D. Franceschini

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Recensione: «In 10 parole», di D. Franceschini

 

Nel corso dell’anno scolastico 1974-1975, in un liceo scientifico di Ferrara, uno studente sedicenne segue un’assemblea scolastica “innamorandosi” della politica.

 

Questa passione lo porta ad attivarsi all’interno del proprio istituto e a presentare, insieme ad altri studenti, una lista per l’elezione dei primi decreti delegati.

 

Il ’68 appare, soprattutto agli occhi di adolescenti, abbastanza lontano, e ci si avvicina inesorabilmente verso quel biennio tragico che sarà il ’77-’78, culminato nel rapimento Moro, e verso i “pessimi anni’80”.

Ma, nonostante le avvisaglie del declino, alcuni eventi stimolano quel giovane alla partecipazione politica: dopo la disfatta democristiana alle amministrative del 1975, Benigno Zaccagnini viene chiamato alla guida della Dc e avrà modo, nel corso delle elezioni del 1976, di sventare il temuto sorpasso del Pci di Berlinguer. Sempre in quel periodo emerge l’attività nella zona padana di Don Primo Mazzolari per la sua nuova rivoluzione cristiana.

È quindi in un tempo di lento declino apparente che scatta la molla della partecipazione politica.

Ed è proprio questo l’incipit dell’ultimo libro di Dario FranceschiniIn 10 parole. Sfidare la destra sui valori che, interessandosi alla politica a scuola, avrà modo di essere eletto rappresentante d’istituto grazie alla lista già citata, poi consigliere comunale, assessore e via via verso la politica nazionale fino ad arrivare ad essere, seppur per soli otto mesi, segretario del Partito Democratico, una forza politica sognata per anni in grado di fare quella giusta sintesi delle migliori tradizioni riformiste che per decenni hanno contrassegnato la vita politica nazionale

Il libro infatti è proprio una raccolta di dieci discorsi che l’allora segretario del Pd fece in giro per l’Italia proponendo la sua ricandidatura alla guida del principale partito riformista italiano. Pur sconfitto da Pierluigi Bersani nelle primarie del 25 ottobre, il consenso di un milione di elettori ha spinto l’attuale capogruppo alla Camera del Pd a fare una “summa” di ciò è stata la sua azione politica, i suoi propositi e le sue aspirazioni politiche.

Spesso i luoghi comuni riguardanti l’ultimo dibattito congressuale interno al Pd dipingono un quadro fatto di accuse reciproche, problemi statutari e mancanza di contenuti programmatici (se esclusi i perenni riferimenti a fantomatici partiti leggeri, pesanti, liquidi e gassosi). Ma in “In 10 parole” si coglie in realtà una certa specificità contenutistica nella proposta politica, oltreché una certa visione etica ed universale dell’agire politico.

 

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Vero che nella politica nostrana la tradizione del discorso “itinerante” pare in ascesa, ma questi dieci discorsi di Franceschini, rivolti a diverse categorie ed istanze sociali, risultano avere un qualcosa di compiuto che rende l’intero libro una coerente visione per un partito e per un paese.

Si parte quindi dal discorso di candidatura dell’Acquario Romano nel luglio del 2009, dove ci si prendono specifiche responsabilità ma ci si fa promotori di un cambiamento che passa per forza di cosa anche dal prendersi colpe proprie (fece discutere molto allora l’esplicito riferimento alla mancata legge sul conflitto d’interessi) e si continua col discorso ai volontari, dove si denuncia un deficit culturale da parte del governo in carica che non considera, oltre ovviamente all’aspetto etico, anche quello utilitaristico del fenomeno che consente anche di stabilire partnership strategiche con associazioni, enti e, perché no, paesi.

Il discorso di Napoli agli educatori è un attacco a tutto campo alla visione “televisiva” che gran parte della società italiana per forza di cose ha attualmente in testa. Una visione che porta alla sottovalutazione delle vere e grandi realtà questo paese e che ha portato ad un ridimensionamento del ruolo dell’insegnate sia in quanto “autorità” sia in quanto modello da cui trarre esempio. Continuando con un discorso ai nuovi italiani, che sottolinea l’inevitabile società multietnica che va governata e non strumentalizzata per fini elettorali, si passa per un discorso ai talenti, la qualità come parola d’ordine per il rilancio italiano, e poi ad un discorso ai ragazzi del Sud per poi giungere infine ai due famosi discorsi ai lavoratori a Prato e agli imprenditori a Vicenza, in cui emerge come queste siano due categorie “sulla stessa barca”, unite anche per ovvi calcoli statistici (sempre utile ricordare come in Italia il 95% delle imprese abbia meno di 10 lavoratori).

Gli ultimi discorsi sono quelli ai “nonni dei nostri figli”, alle donne e quello ai liberi.

Quest’ultimo, pronunciato a Marzabotto il giorno prima delle primarie, è un invito al paese e ai suoi cittadini ad essere liberi “di”, ma anche liberi “da”, come condizione irrinunciabile per l’espressione serena della propria personalità, del proprio merito e delle proprie qualità.

In conclusione, possiamo ben dire che si tratta di dieci discorsi che vanno dritti ai contenuti dei singoli problemi ponendo spesso molte proposte e risposte. Colpisce in particolare la mancanza di polemica nei confronti del dibattito interno all’interno del Partito che porta, oltre a non citare mai gli altri due contendenti alla segreteria, ad un maggiore spazio verso una visione politica complessiva fatta di aspirazioni, valori e speranze.

Forse uscite sconfitte, ma pur sempre interessanti ed utili. Per capire forse quale Partito Democratico sarebbe potere essere.

Titolo: IN 10 PAROLE – SFIDARE LA DESTRA SUI VALORI, Bompiani, 2009

Pagine&prezzo: 208 pp., € 15,00

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