La traduzione italiana più semplice di think tank è “pensatoio” o “serbatoio di pensiero”. I think tank sono nati negli Stati Uniti nei primi decenni del Novecento per «aiutare i Governi a pensare».
Essi si muovono in un universo complesso che si colloca nello spazio tra idee, politica, media e affari dove visioni del mondo e proposte politiche competono per divenire le idee del futuro.
[ad]Tra coloro che sono riusciti meglio a sfruttare le potenzialità dei think tank, Mattia Diletti cita il caso dei conservatori americani all’epoca di Reagan. I think tank conservatori sono stati i veri custodi della dottrina conservatrice. Hanno trasformato radicalmente l’ambiente dei centri di ricerca e il loro modo di lavorare introducendo novità organizzative, un utilizzo attento dei mezzi di comunicazione, nuove strategie di marketing delle idee con l’obiettivo di creare quadri repubblicani in grado di sopravvivere alle singole amministrazioni, preparare il terreno alle successive allo scopo di farsi trovare pronti con un personale amministrativo preparato e ideologicamente orientato.
La Heritage Foundation è il think tank più ricco di Washington, con un budget intorno ai quaranta milioni di dollari. Alla ricerca si affianca un’impegnativa e dispendiosa attività di marketing che la rende simile ad un’organizzazione lobbistica. Qual è allora la differenza tra azione lobbistica e il lavoro dei think tank? Se il lobbista si occupa di ottenere il risultato (una modifica legislativa o un disegno di legge che favorisca gli interessi del cliente), il think tank lavora affinché si crei un clima culturale propizio alla suddetta modifica.
Diletti propone anche una classificazione delle diverse tipologie di think tank: le cosiddette “università senza studenti”; i centri di ricerca e di sviluppo che operano per committenza pubblica; e i partisan think tank, ideologicamente orientati.
Al contrario di quanto accade nelle università, i membri di un think tank utilizzano la ricerca per un duplice fine: influenzare la politica e le istituzioni al fine di raggiungere una posizione di dominio nel “mercato delle idee”. Ad esempio, l’evento straordinario degli attacchi terroristici sul suolo americano ha aperto una finestra d’opportunità che ha permesso all’AEI (American Enterprise Institute for Public Policy Research) di spendere il capitale intellettuale accumulato in anni e anni di lavoro di ricerca.
L’autore offre una possibile definizione riassuntiva: i think tank sono «organizzazioni composte da esperti che rimangono di solito ai margini o al di fuori dell’arena politica, delle istituzioni rappresentative e dei corpi burocratici create allo scopo di condurre ricerche, proporre idee, conoscenza, informazioni e strumenti tesi a orientare o influenzare il processo decisionale di specifiche politiche pubbliche».
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[ad]Il think tank svolge una funzione di promozione e marketing. È in grado di offrire ai suoi “clienti” una base culturale e normativa sulla quale fondare il proprio punto di vista. Si uniscono così valori e proposte pratiche. Cambiamenti evidenti nella vita pubblica delle nostre democrazie come la presidenzializzazione della costruzione di politiche pubbliche o la personalizzazione della politica grazie alla quale i leader stabiliscono un canale di comunicazione e persuasione diretto con gli elettori hanno contribuito a disegnare un ruolo specifico per i think tank nel mercato delle idee occidentali.
Il leader politico è il cuore di un intreccio di reti di diversa natura e diviene un punto focale di snodo tra centri di controllo di risorse, consenso, di saperi, e domande politiche. Think tank e fondazioni culturali divengono quindi strumenti per la costruzione di modelli culturali in cui aumentano sia l’informalità che la centralizzazione delle decisioni nelle mani del leader. In America come in Italia.
Giuseppe Spadaro
Pagine&prezzo: 128 pp., € 8,80
Titolo: I THINK TANK – LE FABBRICHE DELLE IDEE IN AMERICA E IN EUROPA, il Mulino, 2009