Recensione: «La versione di K», di F. Cossiga

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«La versione di K» è il libro con cui Francesco Cossiga (già ministro dell’Interno, presidente del Consiglio, presidente del Senato, presidente della Repubblica dal 1985 al 1992 e da allora senatore a vita) offre il suo personale racconto dei sessanta anni di storia repubblicana. La storia dell’Italia post-bellica comincia nella notte del 4 Gennaio, quando Alcide De Gasperi si imbarca su un aereo e vola verso gli Stati Uniti.

[ad]”Kossiga” nel libro ricostruisce ogni evento alternando analisi ad aneddoti curiosi. Ad esempio alla base del rapporto privilegiato tra Italia ed America, Cossiga individua due ragioni principali: una ragione di ordine pratico e una ragione di tipo strategico. L’America – ricorda Cossiga – è all’epoca l’unica nazione in grado di aiutare gli italiani a mangiare carni, legumi e cioccolata. In più, e siamo alla ragione strategica, sono i giorni in cui il generale George Marshall sta per lanciare il famoso piano economico per la ricostruzione dell’Europa Occidentale.

Si parla di Enrico Mattei e del suo modo di condizionare la politica estera italiana; della Democrazia Cristiana, ed in particolare del rapporto tra Dc e mafia; ci si sofferma su Berlinguer, ma è a Moro che sono dedicate le pagine più dense del libro. Per l’autore le Br scelsero Moro perché rapire Moro sarebbe stato più facile. Cossiga parla delle polemiche con la famiglia Moro come di una vicenda dolorosa. In un passaggio del libro, come a volersi appellare indirettamente ai familiari di Moro, scandisce: «Nessuno può credere che io, che a Moro devo tutto, non abbia fatto l’impossibile per proteggerlo».

 

Cossiga analizza la nascita del terrorismo in Italia. Ricorda della cacciata di Luciano Lama dall’università di Roma. Giudica il Sessantotto come l’espressione di un malessere diffuso e profondo che alimentò un clima in cui le masse non riuscivano più ad essere controllate, sia a sinistra che a destra. Non nasconde i ripetuti contatti e le collaborazioni in fasi delicate con il Pci, anche perché per Cossiga nella cultura italiana il nulla osta delle sinistre è quello che garantisce la democraticità dell’azione repressiva, la sua legittimazione e legalità. In caso contrario, il no delle sinistre riconduce lo stesso atto repressivo sotto il segno “di una intollerabile violenza borghese”.

 

L’ex capo dello Stato offre la sua versione spiazzante di vicende controverse come la P2, di cui parla come di un’organizzazione segreta filo-Usa e di cui Licio Gelli non era che un semplice segretario organizzativo. Racconta, a proposito di Gladio-Stay Behind, di quando per un corto circuito tra realtà e virtualità un gruppo di balordi in Sardegna ebbe l’infelice idea di aggredire – è il caso di dire a proprie spese – agenti segreti dello Special Air Service travestiti da turisti.

 

Tra gli aneddoti di politica interna, l’autore ricorda quando durante un suo incontro con una qualificata e preoccupata delegazione diplomatica gli venne chiesto, nel pieno della guerra in Kosovo, come si sarebbe comportata l’Italia rispetto agli attacchi alle postazioni serbe di Slobodan Milosevic. Da quell’incontro di Cossiga e dalla risposta alla domanda riportata di seguito nasce l’idea di affidare a D’Alema l’incarico di formare il nuovo Governo. Perché chi, se non un comunista, avrebbe potuto portare il Paese in guerra vincendo le prevedibili resistenze di un’opinione pubblica profondamente contraria all’uso delle armi?

 

Giuseppe Spadaro

 

Titolo: LA VERSIONE DI K, Rai-Eri, 2010

Pagine&Prezzo: 280 pp., €17,00

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