Recensione: “Ensemble” di Nicolas Sarkozy
“Ensemble” di Nicolas Sarkozy può essere considerato, senza esagerare nella retorica, come la “summa del Sarko-pensiero”: ideato infatti come programma d’intenti per la campagna elettorale delle presidenziali del 2007, il pamphlet fu distribuito specialmente ai giornalisti, per lo più stranieri, desiderosi di conoscere e di approfondire il pensiero dell’allora ministro degli interni e candidato dell’UMP.
Il libro è uscito in Italia nel giugno 2009 ed pubblicato dalla casa editrice “Treves Editore” e può essere considerato un puro libro di politica.
[ad]Il testo infatti ha forti elementi programmatici e non si limita solamente a dare una chiave di lettura all’attuale crisi del XXI° secolo, e di tutto ciò che ne consegue in Francia, ma propone anche singole proposte e singole idee a seguito di una ragionamento politico complessivo.
Si parte dunque con l’idea che Sarkozy ha della Francia e su come egli concepisca il ruolo di Capo dello Stato nella Quinta Repubblica: pur essendo uomo propriamente di destra Sarkozy è consapevole che una volta eletti all’Eliseo si rappresenta la Francia tutta, il suo ideale e tutto ciò che la patria rappresenta. Coscienti che, i propri rivali politici, pur proseguendo una politica non apprezzata e non ritenuta idonea “condividono i nostri stessi valori nazionali”.
Sarkozy illustrando la sua idea della Francia non si distingue più di tanto dai canoni narrativi delle campagne elettorali di Mitterrand e assume come proprio punto di riferimento la figura di Georges Mandel, ministro di Clemenceau, che nei tristi anni dell’occupazione tedesca e della Francia di Vichy pagò con la vita la propria fedeltà agli ideali di tolleranza e libertà coerente con la propria prospettiva, in senso positivo, pan-politica in cui fino all’ultimo momento dell’esistenza si tende a compiere una serie di atti di tipo propriamente politico. Figura quella di Mandel politicamente opposta a quella del socialista Lèon Blum ma che, Sarkozy evidenzia, nel periodo drammatico della dittatura appariva sempre più come figura complementare a Mandel. Proprio perché fautore degli interessi nazionali.
Proseguendo su questa strada Sarkozy incomincia a proporre la sua idea della politica sulle singole tematiche e avanza proposte partendo dalla base che “la Francia è un miracolo”, uno stato che si fa nazione come sintesi e come compendio di una ragion di vita, di uno stile da difendere dall’omologazione dominante e dal pensiero unico che, a detta dell’inquilino dell’Eliseo, negli ultimi venticinque anni ha portato solo danni.
E quindi dal pensiero unico si passa ad un attacco frontale ai movimento sessantottini, visti come conseguenza del boom economico e di una generazione viziata incapace di distinguere la necessità di specifici diritti e doveri. Questa condizione per Sarkozy ha portato alla fine a danneggiare le classi meno abbienti della popolazione transalpina che hanno visto un degrado del settori dell’istruzione per raggiungere un falso egualitarismo all’insegna del sei politico e di un bieco comunitarismo. Un attacco alla politica dei minimi, avanzata da una Partito Socialista che effettivamente non brilla per riformismo, a favore di una politica dei “massimi”: il massimo salario contro il minimo salariale, il massimo dell’istruzione contro l’educazione minima.