Il discorso di Bossi a Venezia: un’analisi critica
[ad]Spero di non aver commesso errori nel recupero dati, ma se le cose stanno come le ho riportate è evidente che il decentramento evocato da Bossi praticamente non esiste. Soprattutto, non è qualcosa di minimamente paragonabile a quello che la Lega Nord ha in mente per il nostro Paese.
Indipendentemente dalla situazione britannica, un decentramento ministeriale certamente permetterebbe di spostare le possibilità occupazionali da Roma ad altre città; tuttavia, a livello puramente teorico, vedo una serie di controindicazioni.
In primo luogo si creerebbero inefficienze comunicative che, in un Paese dalla bassa informatizzazione e dalle competenze confuse come il nostro, ritengo rilevanti. Secondariamente in un Paese in cui i ministeri e i relativi ambiti cambiano da un governo all’altro diventa necessario considerare gli effetti che il decentramento provocherebbe a fenomeni oggi ad impatto limitato quali accorpamenti e scorpori. Infine si rischia di avere la politica locale in qualche modo monopolizzata dalle funzioni ministeriali. Il decentramento e la commistione di poteri statali e locali tematizzerebbero il territorio, impoverendolo. Ad esempio, temo che la politica piemontese e quella del Ministero del Lavoro – ipotizzando che tale Ministero possa essere decentrato a Torino – si sovrapporrebbero irrimediabilmente, sfavorendo le altre zone italiane in tema di lavoro e impoverendo il Piemonte nelle altre aree.
Il discorso è quindi un’eccellente comizio in chiave politica, in grado di emozionare e coinvolgere il pubblico, ma dal punto di vista dei contenuti risulta volontariamente lontano dalla realtà in due passaggi: l’esagerazione sui lavori del federalismo, necessaria per mantenere credibilità verso un elettorato che chiede maggiore autonomia da ormai vent’anni, e la giustificazione estera errata sul decentramento, usata da Bossi con l’intento di chiudere con l’esempio britannico – “lì fanno in questo modo, quindi è una cosa positiva” – qualsiasi ragionamento critico sul tema.
Matteo Patané
(Blog dell’autore: Città Democratica)