Da pochi giorni sono usciti i dati AGCom del mese di settembre 2010 relativi al pluralismo televisivo nei telegiornali italiani.
Già nei giorni scorsi il quotidiano La Repubblica aveva sollevato la questione del pluralismo televisivo, ma l’uscita dei dati certificati dall’Autorità toglie ogni dubbio in merito: siamo in presenza di uno squilibrio di grandi proporzioni a favore della maggioranza parlamentare a scapito delle forze di opposizione in termini di occupazione mediatica dei telegiornali.
Ho trascritto e aggregato i dati AGCom in questo file .xls, cercando di analizzare i numeri da più prospettive onde tracciare un quadro il più possibile completo dello stato in cui versa il pluralismo politico dei nostri telegiornali.
La prima analisi suddivide lo spazio in maggioranza (formata da PdL, FLI, Lega, MPA e UDEUR), opposizione (le restanti formazioni) ed istituzioni.
Le regole della par condicio prevedono un sostanziale equilibrio tra queste tre componenti, ma in realtà è evidente dal grafico come ovunque il tempo riservato all’opposizione sia inferiore al 30%, con una media ponderata appena al 23%. Questa tendenza è particolarmente accentuata nei TG delle reti Mediaset, dove lo spazio riservato a tutti i partiti di opposizione messi assieme si attesta in media sul 17%.
[ad]Il tempo riservato alle istituzioni risulta invece in linea con le direttive della legge, mentre risulta superiore alla media lo spazio dedicato alla maggioranza. Quest’ultimo punto, che può sembrare irrilevante dal momento che istituzioni e maggioranza sono, con l’eccezione del Presidente della Repubblica Napolitano, nella stessa parte politica, mostra come per lo meno nel mese di settembre non si possa propriamente parlare di una TV di regime, come diverse voci gridano, quanto piuttosto di una TV “semplicemente” di parte.
La maggioranza ha disposto in totale di 67 ore contro le 37 dell’opposizione. Questo è il dato di fondo che denota lo squilibrio della televisione italiana nel suo complesso. Gli estremi sono il TG3 – verso l’opposizione – ed il TGCom – verso la maggioranza – , ma sono estremi il cui punto medio non coincide con l’equità televisiva prevista dalla Legge 28/2000 sulla par condicio. In questa visione puramente numerica, pertanto, l’informazione offerta dai TG italiani pende pesantemente verso la maggioranza parlamentare.
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[ad]I limiti dell’analisi condotta fino a questo momento sono tuttavia evidenti: lo studio è quantitativo, misura il tempo destinato alle formazioni politiche senza interrogarsi sul reale contenuto delle dichiarazioni. Ad esempio, il tempo dell’UDC è ascritto all’opposizione sia che gli esponenti di tale partito critichino il governo sia che critichino altre forze di opposizione come IdV o PD.
Se è però impossibile realizzare un vero studio qualitativo, che richiederebbe l’analisi linguistica di ogni affermazione apparsa nei TG del mese, si può affinare lo studio quantitativo sfruttando scenari alternativi che rispondano a situazioni verosimili.
Il tema che ha tenuto banco negli ultimi mesi, naturalmente, è la nascita del nuovo partito finiano Futuro e Libertà per l’Italia ed il divorzio in atto del Presidente della Camera da Berlusconi. Spesso si sente dire che quella di Fini è un’opposizione all’interno della maggioranza: diventa allora interessante replicare il grafico precedente inserendo FLI e MPA tra le forze di opposizione.
La media dei TG si sbilancia in questo caso a favore dell’opposizione, anche se con uno squilibrio inferiore rispetto alla situazione precedente. In particolare risultano essere i TG di Rai3 e La7 ad essere maggiormente impattati dall’operazione di spostamento, ovvero, in altre parole, sono queste testate ad aver dato il maggiore spazio alla nuova creatura politica di Fini.
Da questa semplice operazione ci si può rendere maggiormente conto dell’utilizzo finale dello spazio politico: pur in un’ottica che vede preponderante lo spazio destinato alla maggioranza, diventa impossibile considerare nell’area di centrodestra testate come il TG3 o il TGLa7, proprio per il modo specifico in cui lo spazio dedicato alla maggioranza è stato utilizzato: l’evidenza data alla diatriba tra Berlusconi e Fini ed il processo che ha portato alla nascita di FLI difficilmente possono mettere in buona luce la maggioranza parlamentare, e l’aver reso oggetto di studio il tempo destinato al partito di Fini consente di capire meglio l’uso che ciascuna testata fa del tempo destinato alle aggregazioni riportate nei grafici.
L’ultima tipologia di analisi riguarda la suddivisione del tempo in macroaree politiche, ricalcando sommariamente la formula di par condicio in vigore, ad esempio, in Germania o nel Regno Unito. I partiti sono stati quindi raggruppati nelle seguenti categorie politico-culturali:
- Destra (La Destra, Lega Nord)
- Centrodestra (PdL, FLI, UDEUR)
- Centro (MPA, API, UDC)
- Centrosinistra (PD, IDV, SEL, Radicali)
- Sinistra (PS, FES, Verdi)
- Altro
La classificazione, che inevitabilmente si presta a obiezioni di vario genere a causa dell’enorme semplificazione del quadro politico che comporta, è stata stabilita ove possibile sulla base di autocollocazione espressa dei partiti nello scenario politico italiano ed europeo, e laddove necessario sulla base delle alleanze. Le elezioni del 2008 sono state utilizzate come campione di confronto; gli esiti dell’aggregazione sono evidenziati nel grafico che segue.
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[ad]Il risultato è nuovamente molto netto: in nessun canale lo spazio dedicato a destra e centrodestra risulta inferiore al 50%, e solo nel TG2, nel TG3 e su SkyTG24 è inferiore al 60%. Su TGCom supera il 90%.
Si nota poi la scomparsa quasi totale della sinistra: se è vero che rispetto al 2008 c’è stata la scissione di SEL dall’area più radicale, è pur vero che solo su TG1 e TG3 l’area più a sinistra mantiene una quota superiore allo 0,5%.
Anche il centrosinistra risulta fortemente penalizzato: pur aggiungendo rispetto alle elezioni il contributo di SEL in nessun TG raggiunge il 30% dello spazio, a fronte del 37% totalizzato alle politiche del 2008.
Rispetto alla tipologia di analisi precedente in questo caso non ha senso ripetere lo studio spostando partiti da un’area all’altra: l’opposizione interna alla maggioranza fatta da FLI, per esempio, si mantiene infatti in un ambito socioculturale di centrodestra.
Il telegiornale che nel mese di settembre si è dimostrato maggiormente vicino all’equità, tramite il calcolo dello scarto rispetto alle politiche con il metodo dei minimi quadrati, risulta essere SkyTG24 seguito da TG2 e TG3, mentre i più squilibrati sono stati TGCom e TG4.
Il sentire comune che vuole emittenti come Sky e Rai3 orientate verso sinistra deve quindi essere ricondotto nell’alveo dei dati reali: queste reti costituiscono gli estremi a sinistra di un’informazione prepotentemente orientata a destra, e anzi risultano esse stesse, numericamente parlando, tendenti verso la medesima parte.
Il dato deve far riflettere con attenzione: se l’opinione pubblica percepisce come tendenti a sinistra fonti di informazione vicine all’equità significa che la psicologia dell’ascoltatore medio è tarata sul considerare come obiettiva una fonte in realtà vicina al mondo di destra; probabilmente questa tendenza è maturata nel corso di anni in cui spaccati di informazione analoghi a quello qui presentato si sono succeduti fino a diventare la normalità. In uno dei prossimi inteventi si cercherà di presentare una serie storica tale da suffragare con i dati queste affermazioni.
L’handicap che si ritrovano storicamente ad avere le formazioni di sinistra in termini di rappresentatività nei telegiornali si è sedimentato quindi negli anni in un handicap culturale difficile da combattere, e l’andamento attuale della spartizione dell’informazione nei TG non offre vie di uscita all’interno del mezzo televisivo. Occorrerebbe puntare su mezzi di informazione alternativi, ancora liberi da egemonie di sorta ma al tempo stesso poco pervasivi in un paese dall’elevato digital divide come l’Italia.
Matteo Patané
(Blog dell’autore: Città Democratica)