Qualche insegnamento per Renzi da queste primarie
– Il ruolo di Vendola: secondo alcuni opinionisti Nichi Vendola risulta essere il vero e proprio ago della bilancia per quanto concerne il secondo turno delle primarie. E non solo perché il suo 15% se sommato alla percentuale sia di Renzi sia di Bersani porterebbe i candidati al di sopra della maggioranza assoluta dei voti. Ma anche perché in questa situazione ci troviamo di fronte ad una platea elettorale ormai “chiusa” e incapace di espandersi per deliberata scelta regolamentare.
[ad]E’ scaduto infatti domenica 25 il termine ultimo per registrarsi a queste primarie. Di conseguenza, a meno qualche eccezione, la platea elettorale del secondo turno non potrà superare la quota 3 milioni e cento di domenica 25. Questo può consentire un ragionamento a tratti “alchimistico” delle dinamiche elettorali, coi candidati desiderosi di conquistare veri e propri “pacchetti di voti”, patrimonio dei candidati eliminati al primo turno, quasi fossero una realtà monolitica (del resto già si parla di dialoghi tra Bersani e Vendola).
Nonostante questo gioco di sommatorie rischi di danneggiare Renzi, il sindaco di Firenze non deve considerare come irrimediabilmente persi i voti vendoliani. Vi è infatti in quel, 15% un elettorato giovanile che potrebbe riconoscersi maggiormente, per paradosso, nel sindaco di Firenze che nel segretario del Pd. Stesso discorso per chi ha votato Vendola per motivi a tratti di puro attacco al “sistema dei partiti”. Al tempo stesso Renzi farebbe bene ad utilizzare in questa ultima settimana di campagna elettorale il tema del rifiuto dell’alleanza con l’Udc per veicolare su di séquegli elettori di Vendola che non sopporterebbero proprio un asse con Casini.
– La querelle sui dati e sull’affluenza: il quartier generale renziano sostiene di aver dati diversi rispetto a quelli nazionali. Dunque lo scarto tra Bersani e Renzi sarebbe minore rispetto all’8.8% ufficiale. Affermazioni che non trovano riscontri. Al tempo stesso nel corso della giornata di domenica lo stesso staff renziano ha ventilato l’ipotesi di un’affluenza superiore ai quattro milioni. Anche questo dato non ha ottenuto riscontri.
Che conclusione politica trarne: che quando hai il partito contro, sopratutto in questa fase, molto spesso se ne trae giovamento. Ma molto spesso per disporre di un personale politico e tecnico di un certo livello, per evitare situazioni del genere, occorre più che porsi come il candidato “al di fuori” del partito come il candidato di “parte del partito”. Ovvero come quella parte del Pd che rigetta la linea della segreteria Bersani. Altrimenti la mancanza di professionismo politico rischia di ritorcersi contro…
–Il voto nelle regioni: nel suo discorso di commento al voto, Matteo Renzi ha evidenziato come la sua candidatura si sia affermata in alcune regioni e comuni rossi, dove secondo logica avrebbe dovuto trionfare l’apparato o comunque il segretario del maggior partito del centrosinistra.
Il dato però in realtà nasconde due aspetti. Uno negativo e uno positivo.
Quello positivo pone il tema della “continuità” di Renzi nei confronti dell’esperienza del Pd.
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