La Rai dice addio alle proiezioni elettorali?

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Polemiche sulla decisione della tv pubblica (poi rientrata?). Il parere dei sondaggisti

E’ circolata ieri la notizia che la Rai avrebbe rinunciato a commissionare proiezioni elettorali in occasione delle prossime elezioni amministrative. La rivelazione, emersa quasi per caso, ha provocato una serrata polemica ma è stata poi ridimensionata dal direttore generale Masi, che ha preannunciato che sulla questione informerà il cda dell’azienda televisiva pubblica nella prossima riunione.

[ad]Secondo quanto apprende Termometro Politico, nelle ultime ore l’emittente di Stato avrebbe contattato alcuni istituti richiedendo un’offerta economica per le proiezioni sulle quattro principali città al voto (Torino, Milano, Bologna e Napoli).

A sminuire la portata del fatto anche il Pdl, con il capogruppo in Vigilanza Rai Alessio Butti che ha precisato come la Rai «da parecchio tempo non effettua proiezioni su elezioni amministrative che non siano collegate a elezioni regionali o politiche». In realtà questa ricostruzione non corrisponde al vero, dal momento che proiezioni furono commissionate a Nexus nel maggio 2006, pur in assenza di altri appuntamenti elettorali concomitanti.

I SONDAGGISTI
– Termometro Politico ha contattato per un commento alcuni sondaggisti che in passato si sono occupati proprio di proiezioni elettorali: Fabrizio Masia, ora alla guida di EMG ma già responsabile di Nexus, Nicola Piepoli dell’Istituto Piepoli, Luca Cesare di Digis e Paolo Natale dell’Università di Milano, consulente di Ipsos.

Fabrizio Masia, che curerà le proiezioni relative a Torino, Milano, Bologna e Napoli per il Tg La7 di Mentana, spiega di non conoscere le prossime mosse della Rai: «non siamo stati contattati per la consueta gara d’appalto, e in ogni caso avendo un contratto con La7 è evidente che non saremmo disponibili, anche solo per un discorso di correttezza, a prendere parte al processo stabilito dalla Rai, anche se questa ci ripensasse e decidesse di commissionare le proiezioni».

E se c’è chi pensa che i numeri del giorno delle elezioni possano uscire magicamente, come da un cilindro, Masia racconta che il lavoro di EMG per La7 è già in corso: «siamo partiti lunedì con l’operatività, tre settimane sono sufficienti grazie alla nostra lunga esperienza nel campo. Faremo anche alcuni sondaggi pre-elettorali per capire che aria tira sul territorio».

Una procedura consolidata, nell’ambito della quale l’unico possibile cambiamento riguarda l’eventuale accorpamento di sezioni elettorali, sul quale EMG sta svolgendo verifiche presso i comuni. Quante le persone coinvolte nell’operazione? «Circa 400, tra i rilevatori dispiegati sul territorio e quelle per il recupero delle informazioni al call center: un numero cospicuo, significa che dietro a ogni numero che daremo in televisione ci sarà il lavoro di alcune centinaia di persone». Si replicherà agli eventuali ballottaggi? «Non credo che verranno richieste proiezioni per il secondo turno: lo spoglio è così rapido che in tre ore e mezza si hanno già i dati definitivi».

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[ad]Luca Cesare, project manager di Digis, ha curato le proiezioni relative alle elezioni europee del 2009 per Sky: «sono uno strumento che conserva un’indubbia attrattiva mediatica e giornalistica, e poi la metodologia è più raffinata e affidabile di un exit poll perché si basa su voti effettivamente scrutinati, è una sorta di ‘voto di pietra’ se paragonato al ‘voto di paglia’ che può emergere da un sondaggio».

A differenza del sondaggio, poi, le proiezioni sono in genere pubblicate in più infornate: «sì, è importante poter disporre di più stime nel corso della giornata, che tendono ad allinearsi verso il dato corretto. Anche se, è bene ricordarlo sempre, le proiezioni delineano una tendenza ma hanno comunque un margine d’errore».

Due anni fa, quando Digis condusse per Sky una rilevazione nazionale sulle europee, impiegò 600 sezioni-campione dislocate in tutta Italia: «come si può ben capire è un lavoro complesso, e questo va a incidere sui costi». I costi, appunto; che potrebbero aver inciso nella scelta della Rai. Ma quali sono i fattori che determinano il costo di una rilevazione del genere? «Sicuramente la voce che assorbe più spese è quella di rilevazione, perché a ogni seggio che fa parte del campione è associato un nostro operatore che viene inviato per registrare le preferenze espresse; il secondo capitolo è quello della raccolta e trasmissione dei dati, che avviene per via telematica con un call center; infine c’è un gruppo di analisti che mette insieme i dati e giunge all’elaborazione finale del risultato, quello che materialmente viene pubblicato dai media».

Cesare non nega che, se la Rai rinunciasse a un servizio che in passato ha sempre offerto ai telespettatori, potrebbe venire a mancare qualcosa del servizio pubblico: «teniamo presente che la Rai, a differenza di La7 e Sky, ha una copertura universale, e ha il dovere di fornire all’opinione pubblica un’informazione tempestiva e corretta sia prima delle elezioni sia dopo l’esercizio del voto». Come dire che sarebbe brutto per la tv di Stato abdicare e lasciare il campo ai dati ufficiali del Viminale, prevedibilmente significativi non prima della tarda notte.

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[ad]Paolo Natale, docente all’Università di Milano ma soprattutto metodologo per le proiezioni elettorali con Abacus e poi Ipsos, precisa che è necessario avere un campione adeguato per poter fornire stime corrette: «talvolta alcuni istituti cercano di risparmiare sul numero di sezioni osservate, perché il costo dipende in buona parte dalle spese per trasferte e pasti dei rilevatori, ma questo incide sulla bontà del dato». Da parte sua, Ipsos nel 2008 ha monitorato per le proiezioni per Mediaset il voto in 1.300 sezioni, vale a dire oltre 750 mila schede scrutinate in tutta Italia: «per un’elezione locale, come può essere il caso di queste amministrative, si può stare sul 5-6% dei seggi totali nelle città più grandi, ma è chiaro che in una piccola città come Sondrio, dove ci sono solo 20 sezioni, bisogna avere una copertura maggiore: e anche a Bologna difficilmente scenderei sotto i 30 plessi, che vuol dire quasi il 10% del totale».

Schietto, in particolare sulla scelta della Rai di non divulgare proiezioni sul voto amministrativo (esordisce con «le polemiche lasciano il tempo che trovano»), è Nicola Piepoli, dell’omonimo istituto di sondaggi e ricerche di mercato: «io sono un tecnico, se la Rai mi chiama – come solitamente fa – partecipo alla gara e, se vinco, cerco di fare il miglior lavoro possibile; se non viene indetto un appalto la cosa non mi interessa, vuol dire che i dati li guarderò da spettatore».

Con Piepoli, decano dell’ambiente, c’è anche il tempo per un excursus storico: «sa dove sono state fatte le prime proiezioni elettorali nel mondo? Qui in Italia, nel 1953: il Partito comunista voleva verificare in tempo reale se il premio di maggioranza della cosiddetta legge-truffa sarebbe scattato o meno». I risultati? «Il responsabile di quella ricerca, uno dei fondatori delle ricerche di marketing, Celso Ghini, dopo quattro ore diffuse tramite l’ANSA una stima secondo cui il meccanismo non sarebbe passato per lo 0,50%. Solo quattro giorni dopo il ministro dell’Interno Scelba divulgò le cifre ufficiali: 0,51%, un risultato incredibile». Una ventina d’anni più tardi, era il 1976, le proiezioni sbarcarono anche sulla Rai: con Doxa, su RaiUno, e Demoskopea, su RaiDue: «il buon risultato di Doxa spinse la Rai a puntare su questo istituto, che infatti mantenne il monopolio fino alla fine della Prima Repubblica, nel ’92-’93». Da allora Abacus, Ipsos, Nexus, Emg, lo stesso Piepoli hanno lavorato con l’emittente di Stato o con Mediaset per fornire i numeri del giorno del voto. «Lo scopo oggi è di fornire ai media il materiale necessario per commentare quando l’informazione è calda, un tratto essenziale in una società veloce come la nostra. Ma in fin dei conti la metodologia è quella di sempre: tra i 300 e i mille seggi di campione per mettere in piedi una proiezione nazionale, 100-150 per una rilevazione locale. L’invenzione, voglio ripeterlo, è di Celso Ghini, un italiano geniale che ho avuto l’onore di conoscere».

E non dispiacerebbe, a Piepoli, che un’invenzione italiana («siamo leader mondiali, non dobbiamo auto-svalutarci», ammonisce) sparisse dagli schermi della tv pubblica? «Sarebbe una decisione insindacabile dell’azienda. E poi, mi creda, anche senza proiezioni gli italiani vivono bene lo stesso». Ma la Rai, alla fine, le farà queste proiezioni? «Non commento… secondo lei non le farà? Si informi», chiude sibillino.