Termometro Finanziario: Bersani ha vinto, ma sarà anche il prossimo Premier?
Termometro Finanziario: Bersani ha vinto, ma sarà anche il prossimo Premier?
[ad]Ancora in rialzo i mercati nel corso dell’ottava conclusasi venerdì, pur in presenza di segnali piuttosto contrastanti che non lasciano presagire che il peggio sia alle spalle.
Se i mercati azionari salgono, infatti, ci si aspetterebbe rendimenti dei titoli obbligazionari al rialzo, poiché gli investitori dovrebbero vendere gli asset più sicuri al fine di acquistare quelli più rischiosi. Invece, nonostante le borse siano sui massimi da due anni a questa parte, molti rendimenti del tasso fisso toccano i minimi, ad esempio, il BTP a 10 anni italiano, sui minimi da due anni, o il Bund tedesco, sui minimi storici.
È dunque presente un elemento distorsivo, e questo elemento sono le banche centrali, specie quella americana e giapponese, e quelle più prudenti, ma comunque pronte all’acquisto, le banche centrali inglese ed europea. L’effetto tranquillizzante delle banche centrali consente, dunque, di indebolire le tendenze ribassiste dei mercati e permettere dunque maggiore baldanza ai compratori. I mercati, però, restano estremamente prudenti, poiché queste tendenze ribassiste torneranno a spingere se non vi saranno riforme e se non tornerà la crescita, e queste distorsioni non lasciano presagire che tornerà tanto presto.
L’appuntamento per il ritorno della crescita economica, infatti, sarà probabilmente rimandato, specie per Paesi come l’Italia, su cui pesa non solo l‘incognita elettorale, ma pure quella relativa alle stesse regole elettorali. Il PD, che ieri ha visto vincere il proprio segretario Pierluigi Bersani nelle primarie di coalizione, ha buone probabilità di vincere le elezioni, ma il sistema elettorale potrebbe penalizzarlo: con la legge attuale, c’è l’incognita Senato, con l’approvazione della bozza Malan, c’è il rischio concreto di non avere una maggioranza parlamentare in nessuna delle due Camere. C’è quindi la possibilità che sarà quindi costretto a cedere il passo a un altro governo di larghe intese come l’attuale a guida Monti, con tutti i compromessi del caso.
Finora infatti il governo Monti ha aumentato il livello dell’imposizione fiscale, ed ha visto annaquare da veti incrociati tutti gli altri provvedimenti. Perché dovrebbe essere diverso per un Monti bis non è dato saperlo. Un esecutivo a guida PD, stando alle dichiarazioni dei suoi maggiorenti, si ispirerebbe al francese Hollande, la cui linea politica si sta dimostrando tutt’altro che efficace, e risulterebbe pure piuttosto annacquata dalla cronica mancanza di quattrini (basti pensare all’agenda digitale che destina allo sviluppo di internet un terzo della media dei grandi Paesi europei, e ancora meno rispetto alla agenda francese). Le due soluzioni qui prospettate non sarebbero molto migliori quindi del governo precedente.
Stando ai fatti, comunque, la ripresa non dovrebbe arrivare prima del 2014, dopo un calo del PIL di oltre il 2% nel 2012 e dell’1% nel 2013, senza contare che non ci siamo ancora ripresi dal -5% subito nel 2009 che aveva riportato le lancette del PIL indietro fino al 2000. Chiamarla ripresa, dunque, appare un eufemismo.
L‘agenda macroeconomica prevede per lunedì l’uscita degli indici dell’attività dei direttori degli acquisti (PMI) del settore manifatturiero di vari Paesi europei (fra cui l’Italia): in un quadro sostanzialmente stabile, gli indici dovrebbero confermare che abbiamo davanti a noi qualche altro mese di recessione. Solo in Cina e negli USA dati omologhi nella stessa giornata dovrebbero invece segnalare un po’ di crescita nei prossimi mesi.
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