[ad]Le urne smentiscono le piazze. La corposa vittoria del leader social-democratico Borut Pahor (67,4%) nel domenicale ballottaggio delle elezioni presidenziali in Slovenia sembrerebbe offrire tale semplicistica lettura. Le tinte elettorali, pur legittimando i risultati del primo turno, non risultano però così facilmente definibili.
Il successo elettorale di Pahor, inaspettatamente ottenuto e frutto del sostegno offerto alle politiche di austerità promosse dalla coalizione governativa del Premier Janez Janša, non costituisce infatti una condanna alle antitetiche posizioni dell’uscente Presidente della Repubblica Danilo Türk (32,6%), suo avversario. Contrariamente, come evidenziato dalle recenti manifestazioni svoltesi in diverse città slovene, i moniti di condanna al rigore economico governativo godono di ottima salute. Il dato registrante un’affluenza del 41,9%, in caduta libera dopo il 48% del primo turno, oltre ad evidenziare la percentuale più bassa dall’indipendenza del 1991, ne
La dichiarata apertura alle rigorose posizioni governative, allargante il suo appeal elettorale ai sostenitori del centro-destra e consegnantegli di fatto la vittoria, dimostra infatti il nuovo approccio della leadership socialdemocratica, virante su posizioni di responsabilità capaci di superare i rigidi schematismi post-ideologici e contemporaneamente creante la propria nuova immagine di coscienziosa risollevatrice della malconcia situazione economica del Paese. Una perdita di otto punti percentuali di Pil (2009-2012) e un’allarmante disoccupazione assestatasi intorno all’11% non consentono infatti alla classe politica slovena di perpetrare i regolamenti di conti interni, se non accentuando ulteriormente il suo discredito sociale. L’insoddisfatto elettorato, garantendo un buono-fiducia sulle intenzioni, sembra così aver apprezzato il cambio di rotta del leader social-democratico, assicurandogli un sostegno nettamente superiore rispetto alle politiche del dicembre 2011 (il Partito Socialdemocratico aveva conquistato solo 10 seggi parlamentari).
Il nuovo Presidente della Repubblica, il quarto dopo l’indipendenza, dovrà quindi, nei limiti dei poteri conferitigli, assumere il ruolo di garante nell’implementazione delle misure richieste dalle istituzioni internazionali. Seppur costituzionalmente i suoi compiti non trascendono le funzioni cerimoniali, il comando delle forze armate e le ratifiche e promulgazioni normative, l’elezione diretta gli assegna un profilo politico rilevante. Sfruttando ciò, Pahor proverà quindi a intessere consultazioni con le principali rappresentanze parlamentari al fine di garantire il consenso necessario ai provvedimenti di riforma proposti dalla coalizione governativa. Durante la campagna elettorale, il nuovo Presidente, ha infatti ripetutamente evidenziato la crucialità della salvaguardia del rating creditizio del Paese, più volte declassato nell’arco dell’ultimo anno, ai fini dell’accesso ai finanziamenti internazionali e al conseguente rilancio dell’economia slovena.
Un giudizio sulla nuova responsabilità istituzionale promossa potrà essere elaborato solo nei prossimi mesi. Sino a quel momento, le insofferenti rivendicazioni delle piazze aumenteranno il proprio volume, sperando presto di doversi ricredere e attendendo contemporaneamente inaspettate piacevoli sorprese.