Ballottaggio delle primarie, l’analisi del voto
[ad]Proprio l’analisi dei dati di Renzi tra primo turno e ballottaggio consente di completare il quadro di queste avvincenti primarie.
Caltanissetta, Olbia-Tempio, Crotone, Agrigento e Palermo sono le province dove Matteo Renzi perde il maggior numero di voti tra primo e secondo turno. Con la sola eccezione di Caltanissetta, si tratta di aree dove Bersani guadagna voti al ballottaggio, per di più in un contesto di forte calo dei votanti tra primo e secondo turno. Senza livelli di dettaglio più approfonditi diventa complesso capire se vi sia stato anche in questo caso un flusso diretto di voti da Renzi a Bersani oppure se Bersani abbia pescato dai candidati minori mentre Renzi sia stato vittima dell’astensionismo: indubbiamente, sia che i voti di Renzi siano finiti a Bersani, sia che si siano dissolti nell’area del non-voto, la prestazione del sindaco di Firenze in queste zone – dove, è bene ricordarlo, nessuno dei candidati minori era su livelli particolarmente alti – è stata deludente.
Ribaltando il caso, Renzi riesce a incrementare in maniera anche sostanziosa i propri consensi a Matera, Brindisi, Bari, Benevento e Barletta-Andria-Trani; il forte successo di Vendola in queste province evidenzia come vi sia stata una parte di elettorato di Vendola, stimabile tra il 15% e il 20%, che ha scelto di sostenere il sindaco di Firenze malgrado la preferenza espressa dal presidente pugliese.
Come era quindi prevedibile, in un contesto di elettorato sostanzialmente chiuso tra primo e secondo turno a fare la differenza sono stati gli endorsement a Bersani di Nichi Vendola e Laura Puppato, che hanno fornito serbatoi di voti importanti in Puglia e Veneto. Renzi ha saputo cogliere il supporto di una pur modesta parte di elettorato vendoliano, ma ha anche dimostrato una capacità inferiore di trattenere il proprio elettorato, tanto verso l’astensione quanto, sia pure in piccola parte, verso Bersani.
Indubbiamente le polemiche dell’ultima settimana non hanno giovato a Renzi, che probabilmente è stato visto in atteggiamenti troppo berlusconiani – la caciara sulle possibilità di voto al solo ballottaggio, il tentativo di ignorare le regole indicando ai sostenitori di recarsi alle urne anche senza avere i requisiti richiesti – per poter attirare nuovi gradimenti e strapparli a Bersani.
Paradossalmente, Renzi ha peccato proprio nella comunicazione, appiattendosi sulla figura del rottamatore (il cui effetto è cessato dopo che Veltroni e D’Alema hanno annunciato di non volersi più candidare) e di figura gradita al mondo di destra, autoproclamandosi quasi un corpo estraneo in una platea di simpatizzanti che, pur auspicando spesso il cambiamento, sono comunque per definizione estremamente legati alla loro identità e alla loro eredità storica.